Laici e salafiti, il primo dialogo è tra sordi

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TUNISI. Per la prima volta salafiti e laici si sono incontrati a Tunisi. L’incontro è avvenuto al Forum sociale mondiale, promosso dal Consiglio nazionale delle libertà  in Tunisia (Cnlt), l’associazione fondata da Sihem Ben Sedrine. la giornalista alla guida anche di Radio Kalima, la voce della rivoluzione che finalmente ha ottenuto le frequenze per trasmettere.
Nella confusione che regna al campus dell’università  del Manar spesso si finisce per non trovare o stancarsi di aspettare il dibattito scelto. Anche in questo caso l’attesa è stata lunga, ma l’arrivo del primo salafita ha confermato che la “prima” ci sarebbe stata e quindi gli interessati si sono armati di pazienza. Ayed Rouf è arrivato con il rappresentante della Lega dei diritti umani da Jandouba, una zona che lo scorso anno – tra maggio e giugno – aveva visto numerosi scontri tra forze dell’ordine e salafiti, A Jandouba – regione a nord-ovest di Tunisi – avevano proclamato il loro califfato e applicato la sharia. Altri due salafiti, Nabil Aweshri e Semi Ghesmi, arrivano da Tunisi come le due donne con il velo integrale, Ela ha 23 anni, l’altra 19 e studia alla facoltà  di scienze. Sul fronte laico vi sono esponenti della sinistra, soprattutto del Fronte popolare – il cui leader Chokri Belaid è stato assassinato il 6 febbraio – e rappresentati della Lega per i diritti umani, oltre agli organizzatori del Cnlt.
Altro tempo per stabilire le regole del “dialogo”, che tra l’altro escludono l’argomento religioso. Regola che è stata subito infranta visto che gli islamisti radicali ritengono che l’unica loro legge sia quella di dio. La raccomandazione è quella di affrontare la questione sociale: sulle critiche alla situazione i due fronti potrebbero trovare dei punti in comune, ma non sulla soluzione.
All’inizio, le prove di dialogo – gli attori sembravano muoversi su una scena teatrale – sono state più calcolate e misurate. Sono i salafiti – a partire dalle donne – a giocare la parte della vittima: «Siamo oggetto di una guerra di propaganda, ci vogliono escludere ed è questa stigmatizzazione a radicalizzarci. La violenza esiste, si assassinano politici ma bisogna condannare anche la violenza di stato contro i salafiti» aggiunge Ayed Rouf, che è stato anche in carcere.
Inutili le condanne di tutte le violenze, della tortura e il sostegno a una giustizia equa ribadite dai vari esponenti della Lega dei diritti umani. «Non c’è dialogo, noi siamo messi sotto accusa, siamo tutti musulmani e non è possibile mettere da parte la religione, la democrazia è il potere del popolo ma noi crediamo che si debba governare in nome di dio. Voi parlate di terroristi, di salafiti perché non comprendete l’unicità  di dio. Se vi porto le prove che dio esiste e voi non ci credete è un problema vostro. La mia base è il corano e la sunna: tornare alle origini della religione è la nostra lotta», sostiene Nabil Aweshri, studente, con il capo coperto da una lunga sciarpa bianca. Inutile la disponibilità  ad accettare l’abito religioso – anche integrale, rivendicato da manifesti all’interno dell’università  dove si svolge il forum – per le donne da parte dei laici, così come il richiamo alla disastrosa situazione del paese e alla necessità  di confrontarsi sull’economia e i problemi sociali e a mettere da parte le questioni di identità .
A far scattare nuovamente i salafiti è la pretesa di Bassam del Fronte popolare di poter pregare e venerare i marabout. «Non abbiamo bisogno di venerare i santi, ma solo dio. Non crediamo nella democrazia, vogliamo essere garantiti dalla legge di dio», sostiene l’altro salafita, Semi Ghesmi, eletto rappresentante degli studenti nella facoltà  di tecnologia. Racconta di una campagna lanciata dai salafiti in Germania che ha raccolto 40 milioni di euro. Gli chiediamo cosa ne pensa dei giovani tunisini che ogni giorno vengono spediti in Siria a combattere. «È una questione complessa, ci vorrebbe troppo tempo per spiegare quello che dice il corano in merito» glissa Semi.
La prima prova di dialogo – un dialogo per ora tra sordi – è terminata. «È un primo passo, abbiamo due visioni diverse ma tutti vogliamo il bene della Tunisia», sostiene Ayed Rouf, forse per lasciare aperta la porta a ulteriori incontri. Anziché indurre i salafiti a posizioni più “moderate”, la presenza internazionale li ha indotti a ribadire le loro posizioni senza mediazioni.


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