“L’ha infettato il nemico” poi l’annuncio della morte

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IN DUE mosse, qualche ora prima dell’annuncio ufficiale, Nicolà¡s Maduro, il successore designato, aveva comunicato ai venezuelani, e al mondo, che la lunga agonia di Hugo Chà¡vez era giunta al termine. Prima ha espulso dal paese due addetti militari dell’ambasciata degli Stati Uniti accusandoli, insieme «ai nemici della patria », di aver sabotato «il sistema elettrico, generando caos», e di aver agito per «destabilizzare» il Venezuela. Poi, in quello che per ora è soprattutto un colpo di teatro, ha sostenuto che il tumore che ha ucciso il presidente «è frutto di un attacco dei suoi nemici».
«Voi sapete che i nemici della patria hanno deciso di attivare piani per la destabilizzazione globale del Venezuela», ha detto Maduro nel corso di una riunione dei massimi vertici politici e militari nel palazzo presidenziale di Miraflores, a Caracas, dopo che un portavoce aveva diffuso la notizia di un aggravamento delle condizioni di Chà¡vez e che sua figlia, Maria Gabriela, aveva scritto su Twitter: «Siamo nelle mani di Dio».
«Non abbiamo nessun dubbio — ha insistito Maduro — che il comandante Chà¡vez sia stato attaccato con questa malattia. Così come è successo con Yasser Arafat. Arriverà  il momento in cui verrà  avviata un indagine scientifica sulla malattia». «Gli storici nemici della nostra patria hanno cercato di danneggiare il presidente», ha aggiunto. Poi ha disegnato lo scenario sempre temuto: «La destra corrotta vuole distruggere il comandante e il suo lavoro. Lo hanno sempre odiato». Fu lo stesso Chà¡vez aveva usato per primo la tesi del “cancro inoculato”, qualche anno fa, quando in rapida successione si ammalarono Lula, Dilma Rousseff e Cristina Kirchner. Era «l’imperialismo» che attaccava i leader della sinistra latinoamericana. E Chà¡vez svelava il complotto. Poi Lula e Dilma si curarono, Cristina non aveva nulla e il grande intrigo andò in archivio.
Chà¡vez è stato operato l’ultima volta all’Avana l’11 dicembre scorso e da allora non è più comparso in pubblico né tantomeno ha parlato. E’ stata diffusa soltanto una fotografia, abbracciato dalle due figlie in ospedale. Il 18 febbraio è tornato a Caracas con un volo segreto ed è stato ricoverato nell’ospedale militare. Ieri, subito dopo l’annuncio della morte l’esercito è stato schierato nelle strade «per garantire la sicurezza dello Stato». In quelle stesse strade, i fedelissimi del presidente lo hanno pianto. Ma le lacrime sono durate poco: «Scendete in piazza, portategli canzoni: a partire da questo momento è proibito piangere», ha chiesto Maduro dagli schermi tv.
In serata è arrivata anche la reazione della Casa Bianca: «Ora vogliamo relazioni costruttive con Caracas», ha detto il presidente Obama.


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