Libia, arriva l’esercito per sbloccare il gasdotto

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PEGGIORA la sicurezza in tutta la Libia, e soprattutto continua la sfida dei salafiti islamici ai cristiani. Dopo lo scontro fra milizie rivali che costringe l’Eni a tenere ancora bloccato l’impianto di compressione del gas di Mellitah, e dove il governo libico ha inviato l’esercito per far ripartire il gasdotto, ci sono stati nuovi attacchi contro i cristiani copti a Bengasi, ma per la prima volta anche un’aggressione armata contro la cattedrale cattolica a Tripoli.
Ieri domenica, alle 14, un miliziano armato di kalashnikov ha sparato due colpi contro padre Magdi, uno dei preti cattolici della cattedrale di Tripoli: entrato nella chiesa di San Francesco con la scusa di andare al bagno, dopo una breve discussione ha sparato due colpi ad altezza d’uomo (mancandolo) contro il sacerdote. Padre Magdi è di origine egiziana, i due uomini erano perfettamente in grado di parlare in arabo e di intendersi.
Monsignor Giovanni Martinelli, il vescovo di Libia, commenta addolorato l’episodio dicendo che «ormai ci sono degli infiltrati, c’è una gramigna maligna che vuole portare il male fra i credenti, ci affidiamo alla preghiera e invochiamo la protezione del Signore!».
I diplomatici italiani in Libia guidati dall’ambasciatore Giuseppe Buccino stanno cercando di interpretare l’incidente, anche se non c’è molto da capire: non è un errore, è un ennesimo avvertimento contro i cristiani in Libia, messo a segno da uno dei gruppi salafiti ormai attivi non solo a Bengasi ma anche a Tripoli Da giorni gi integralisti salafiti hanno iniziato una serie di intimidazioni contro i cristiani copti (in maggioranza cittadini egiziani) nella parte orientale del paese, a Bengasi e in altre città . Giovedì è stata attaccata una chiesa copta, il prete ortodosso è stato arrestato per 3 giorni, gli hanno tagliato barba e capelli, lo hanno preso a bastonate. Sempre la settimana scorsa un centinaio di egiziani di religione copta sono stati bloccati da una milizia islamica, anche loro rasati a zero, umiliati, percossi.
Ancora: ieri è stata assaltata la Scuola Europea di Bengasi, un istituto privato libico con programmi di studio europei, simbolo dell’apertura della città  all’Europa. Per due ore gli integralisti hanno tenuto in ostaggio professori e ragazzi. Il messaggio ai proprietari dell’istituto era chiaro: non vogliamo che in Libia si insegnino programmi di studio occidentali.
Torniamo invece al caso dell’impianto in cui la “Mellitah Oil and Gas” (società  possieduta a metà  da Eni e governo libico) tratta e comprime il gas che viene immesso nel gasdotto che sbocca nel terminale italiano di Gela. L’impianto è ancora bloccato da quando sabato sono scoppiati scontri armati fra la milizia di Zwara e quella di Zintan, che garantisce (dietro compenso) la sicurezza della fabbrica. Gli uomini di Zwara da tempo lamentano il fatto che la potente milizia di Zintan (una cittadina nelle montagne al confine con la Tunisia) si sia assicurata il contratto per la protezione dell’impianto. Secondo il deputato di Zwara Nouri Abu-Sahmein gli scontri sono scoppiati dopo che le guardie originarie di Zintan si sono rifiutate di fermarsi a un posto di blocco di miliziani locali. Dopo i primi tafferugli, tre guardie sono state arrestate e così i colleghi hanno invitato i loro commilitoni di Zintan a intervenire. I rinforzi hanno circondato l’impianto di Mellitah, da allora è partito il negoziato che non è affatto concluso: l’Eni mantiene l’impianto fermo.


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