L’uomo che sa piangere Storie di via Lomellina

by Sergio Segio | 31 Marzo 2013 8:04

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La gente si ferma e lo guarda ma rimane spiazzata perché quell’uomo soffre, piange, ma non chiede, nulla. Roba da fare venire il magone.
E il nome Vincenzo è rispuntato sul foglietto posto sulla camera ardente, dove sotto una pioggia molto fitta, tra telecamere puntate e microfoni spianati, sono andati a trovarlo i suoi amici, quelli più famosi e quelli più sempliciotti. Che per fortuna hanno trovato il cartello cambiato con il suo nome, Enzo, che l’anagrafe vada a farsi benedire. Del resto quel nome è davvero qualcosa di decisivo. A partire dalla monumentale canzone dedicata alla protagonista femminile di Romanzo Popolare, quella Vincenzina e la fabbrica scritta con un altro talento geniale come Beppe Viola.
Quella della canzone per il film di Monicelli è solo uno dei tanti momenti in cui Jannacci ha fatto cinema. Era già  successo una decina d’anni prima. In La vita agra che Carlo Lizzani aveva tratto dal romanzo di Luciano Bianciardi. Al bar Jamaica, in via Brera, luogo di ritrovo per molti artisti, autentico cenacolo durante gli anni ’60, Bianciardi trovava conforto alcolico, e lì in una sequenza del film Jannacci canta L’ombrello di mio fratello. Enzo è una sorta di calamita di talenti, ogni artista che incontra produce qualcosa con lui. Monicelli lo aveva voluto come Gavino Puddu, sardo venditore di castagnaccia accanto a Monica Vitti sua moglie in Le coppie, film a episodi. Quello di Enzo si chiama Il frigorifero, oggetto del desiderio raggiunto solo a rate. Non importa se non si sa cosa mettere dentro quel simulacro, l’importante è avere quel 180 litri e venerarlo. Ma quando i soldi dell’ultima rata scompaiono è la moglie Adelina che si prostituisce, e lui è consenziente, come già  cantava un tempo quando gli altri dicevano «guarda quello lì, ha la moglie che batte, deve essere un po’ un pistola». E lui replicava a muso duro che i pistola erano loro.
Jannacci al cinema ha fatto di tutto. Ha scritto canzoni e colonne sonore, ma anche sceneggiature, talvolta le due attività  per lo stesso film, basti citare Saxofone, talvolta apparendo, l’ultima volta in La bellezza del somaro. Ma a noi piace ricordarlo grande protagonista in un film sublime di Marco Ferreri: L’udienza. Lui che arriva a Roma, in san Pietro perché deve assolutamente dire una cosa al papa. Non ci riesce. Lo boicottano in mille modi, fino a quando morirà  lì per terra. Per terra come quell’uomo che piangeva in via Lomellina. Perché la vita è dura, difficile, spesso ingiusta, per questo Enzo ne ha vissute almeno quattro e il suo talento è consistito nell’averle trasformate tutte in qualcosa di buono per gli altri.

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