Perché Napolitano a questo punto dovrebbe dimettersi

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Le forze politiche si sono chiaramente espresse e le loro posizioni non sono conciliabili. Si tratta allora di fare un ultimo passo, ponendo tutti – partiti e movimenti – di fronte alle proprie responsabilità . E l’ultima parola non può essere pronunciata se non di fronte alla scelta estrema, senza più alibi o possibilità  di scambi politici. Per questo bisogna eleggere subito il nuovo capo dello Stato, che renderebbe inutilizzabile l’arma della divisione delle spoglie (la presidenza della Repubblica alla destra, quella del Consiglio al centrosinistra). Solo il nuovo Presidente, inoltre, avrebbe quell’arma istituzionale fondamentale che può risolvere le crisi più complesse: il potere di scioglimento delle Camere.
È certo che la fine di una legislatura neppure iniziata sarebbe il segno di un fallimento, di tutte le forze politiche, nessuna esclusa. Ed è appunto per questo che di fronte all’ipotesi concreta di dovere dichiarare la propria impotenza e – al di là  dei sondaggi – tornare di fronte al corpo elettorale senza essere riusciti ottenere alcun risultato (né come maggioranza, né come opposizione) costituirebbe una sconfitta per tutti. Anche per chi oggi è più ostile a ogni ipotesi di governo, confidando di poter lucrare una rendita d’opposizione che nel caso di scioglimento non arriverebbe.
Il nuovo presidente godrebbe inoltre di un vantaggio istituzionale e politico che l’attuale presidente in scadenza non ha più. Sarebbe appena stato eletto da una maggioranza parlamentare, dimostrando dunque che essa è possibile. È evidente che non può esservi alcun parallelismo immediato tra la maggioranza presidenziale e quella governativa, ciononostante il fatto si sarebbe prodotto e una convergenza – costituzionalmente necessaria per l’elezione del Capo dello Stato – si sarebbe ottenuta.
L’ipotesi che sta in queste ore prendendo corpo è quella di un “governo del presidente”. In ogni caso un’ipotesi estrema e costituzionalmente assai discutibile, volendo conservare la nostra forma di governo parlamentare la quale impone che i governi debbano godere della fiducia del parlamento e non invece essere espressione di una scelta del presidente. Un’eventualità  che solo lo stato d’eccezione e il pantano politico-istituzionale nel quale ci ha costretto una legge elettorale scellerata possono legittimare. Ma se si vuole forzare la mano ai partiti e ai movimenti affinché si raggiunga comunque un compromesso (e si ottenga così una maggioranza in parlamento) diventa essenziale che il capo dello Stato non sia in scadenza. In caso contrario il termine del mandato presidenziale finirebbe per travolgere anche gran parte della legittimazione del governo “dell’ex-presidente”.
V’è infine l’argomento più noto e discusso, che è necessario ormai prendere seriamente in considerazione. Tutti i commentatori hanno rilevato che questa complicatissima crisi è negativamente condizionata dal fatto che Napolitano, essendo in scadenza di mandato, non può sciogliere le Camere. In tutti i manuali di diritto costituzionale – scritti in tempi non sospetti e argomentando in via generale – si sottolinea come sia questo il potere più delicato del presidente della Repubblica. Un’arma risultata spesso decisiva per la risoluzione delle crisi di governo. Poiché solo la minaccia di por fine alla legislatura può rendere chiaro che non è più possibile sfuggire alla decisione sul futuro del governo e imporre a tutti di assumersi le proprie responsabilità . Senza quest’arma tutti sanno invece di poter continuare a fare mosse tattiche, tanto nessuno potrà  fischiare la fine della partita. Se si vuole veramente tentare di uscire dallo stagno, por fine ai bizantinismi della politica in agonia e ai giochi speculari dell’antipolitica nazional-popolare è urgente eleggere un nuovo capo dello Stato. Altre strade, seppure fossero intraprese con le migliori intenzioni, non possono che condurre a perdere tempo e ad inasprire una crisi politica ormai giunta al limite del costituzionalmente sopportabile. La gravità  e l’urgenza dei problemi del paese non possono essere risolti da gruppi ristretti di personalità , i quali non possono supplire alla carenza di legittimazione del presidente in scadenza e all’assenza di tutti i poteri presidenziali. Né, d’altronde, può dirsi che l’ostacolo alla formazione di una maggioranza politica sia da ascrivere all’assenza di proposte programmatiche condivise, poiché è proprio sui programmi (gli otto punti) che s’è registrato il fallimento del tentativo di Bersani. L’indisponibilità  al compromesso tra le forze politiche ha altre motivazioni e non può essere rimossa facendo appello alla tecnica o al buon senso delle parti politiche (che hanno già  mostrato le loro rigidità ). Né può contarsi ancora a lungo sull’ordinaria amministrazione assicurata da un governo dimissionario e delegittimato da un parlamento che non lo esprime più in alcun modo.
Solo Napolitano può decidere se è utile la via d’uscita che abbiamo qui indicato. Se se ne convincesse non v’è dubbio che non attenderebbe un attimo, esercitando sino alla fine il suo ruolo di garante del sistema costituzionale e così contribuendo in modo decisivo alla risoluzione della crisi più complessa che la nostra Repubblica ha mai vissuto.


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