Record di aziende protestate per la crisi: 47mila

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ROMA — Crisi di liquidità  per le imprese e caduta del potere d’acquisto per le famiglie. Le prime non riescono a pagare i loro debiti e hanno raggiunto, nel 2012, il record dei protesti, le seconde fanno i conti con un divario sempre più alto fra prezzi e salari. Nella giornata in cui il Tesoro – pur se offrendo tassi più alti – ha piazzato tutti i 7,75 miliardi di Bot annuali messi all’asta, dal Cerved e dall’Istat è arrivato un aggiornamento negativo sulle ripercussioni della crisi nell’economia reale.
La sofferenza delle imprese diventa sempre più evidente: l’anno scorso le aziende non individuali che hanno accusato almeno un protesto sono state 47 mila. Rispetto al 2007 c’è stata un’impennata del 45 per cento, e solo fra il 2011 e il 2012 la quota è salita dell’8,8 per cento. In molte regioni e settori – segnala il Cerved – i mancati pagamenti e i ritardi nella liquidazione delle fatture sono risultati più gravi rispetto al 2009, l’anno in cui il Pil italiano ha registrato il maggior tonfo dal dopoguerra. La tendenza non si ferma: nell’ultimo trimestre 2012 c’è stata un’ulteriore accelerazione e i titoli protestati hanno raggiunto quota 221 mila, il 9 per cento in più dello stesso periodo del 2011. Quanto a settori, più di tutti soffre l’edilizia, dove le aziende protestate sono state 11 mila (dato in crescita dell’80 per cento rispetto al periodo precrisi).
E i mancati pagamenti sottolinea il Cerved – sono spesso l’anticamera del default, tant’è che l’anno scorso hanno dichiarato fallimento 12 mila aziende, segnando il record del decennio.
A guardare ai dati Istat sulle retribuzioni, alle famiglie non è andata meglio: anche se l’inflazione di febbraio si è fermata all’1,9 per cento (2,4 per i beni ad acquisto più frequente, il cosiddetto «carrello della spesa»), guardando all’anno scorso le buste paga «di fatto» (quelle al netto della cassa integrazione) hanno registrato l’aumento più debole dal 2000. Non solo, l’incremento è stato ampiamente inferiore rispetto a quello del costo della vita: più 1,9 per cento per gli stipendi, 3 per cento per inflazione (anno 2012) e il divario fra le due voci tende ad aumentare. Era dello 0,7 per cento nel 2011, è stata dell’1,1 nel 2012.
Un quadro scuro rischiarato da quella che – assicurano gli analisti – è stata la buona notizia sull’andamento dell’asta dei Bot annuali. Il fatto che tutto il quantitativo sia stato piazzato (7,75 miliardi) conferma l’appeal del debito italiano e il rialzo del tasso (1,28 per cento rispetto all’1,094 di febbraio) è considerato «atteso e moderato». Secondo il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco «Siamo in condizioni migliori rispetto ad altri Paesi, ma le origini della crisi sono antiche e la leva macroeconomica non basta: servono riforme».


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