Una Pasqua francescana, senza la crudeltà  della carne

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Proprio per questo l’idea di “Una Pasqua francescana, senza la crudeltà  della carne portata in tavola” che la Lega Anti Vivisezione (LAV) ha rivolto quest’anno a tutte le famiglie italiane e in particolare ai fedeli per risparmiare la vita dei circa 700.000 agnelli e capretti macellati ogni anno nel nostro Paese per questa ricorrenza religiosa rappresenta una sfida ad una tradizione che per gli animalisti “mentre celebra la risurrezione condanna a morte degli animali immolati per un consumo non necessario”. Una scelta che ha convinto nel 2013 due famiglie italiane su dieci, che festeggeranno questa Pasqua scegliendo un menu senza carne.

Oggi in Italia la scelta vegetariana conta circa 6 milioni di persone e nel 2030 potrebbe interessare una buona metà  della popolazione decisa a puntare sul menu verde anche per fuggire agli scandali che vedono coinvolta la carne ad iniziare dal mangime animale per erbivori che determinò il morbo della mucca pazza passando per la carne di cavallo dove non dovrebbe essere, la carne di maiale nel kebab e la sospetta carne di cane in alcuni piatti a base di agnello. Ma le motivazioni per ridurre drasticamente il consumo di carne sono molteplici e non stanno solo nelle insidiose sofisticazioni alimentari. Per la LAV l’etica, ma anche l’ambiente e la salute, indicano ormai quanto sia necessario ed inevitabile un progressivo indirizzarsi verso il vegetarianesimo e veganesimo. “Ti basta scegliere di non magiare una bistecca da 500 grammi una volta alla settimana per un anno per risparmiare 910 metri quadri di foresta, 403.000 litri di acqua e 936 chili di CO2” si legge sul sito della LAV Cambia Menu, mentre tutte le più recenti analisi mediche certificano che “limitare l’assunzione di carne garantisce una minor esposizione a malattie come l’obesità , il diabete, le malattie cardiache e ad alcune forme di cancro”.

Forse anche per questo l’amministrazione del Comune di Los Angeles in California ha deciso di sponsorizzare i “Meatless Mondays”, i lunedì senza carne. L’iniziativa che ha origini lontane, quando durante la prima guerra mondiale la US Food Administration esortò le famiglie a ridurre il consumo di prodotti fondamentali per aiutare lo sforzo bellico, è stata riesumata nel 2003 dall’avvocato e salutista statunitense Sid Lerner che ha promosso l’iniziativa trasformandola di fatto in un movimento globale con una vasta rete di enti partecipanti, che vanno dagli ospedali alle scuole e dai cantieri ai ristoranti di tutto il mondo. La decisione della giunta di Los Angeles sembra oggi consacrare definitivamente l’usanza di non mangiare carne il lunedì e come si intuisce dalla delibera i motivi dell’iniziativa sono del tutto diversi da quelli originari. Non si tratta più di aiutare il paese a rifornire le proprie truppe in guerra, bensì di prendersi cura di sé stessi e del mondo in cui viviamo. Nella risoluzione adottata ormai da alcuni mesi si legge che “il Consiglio della città  di Los Angeles qui dichiara tutti i lunedì come lunedì senza carne sia in sostegno agli sforzi per una sostenibilità  globale, sia per incoraggiare ulteriormente i residenti a mangiare una dieta più varia a base vegetale, per proteggere la loro salute e proteggere gli animali”.

Sono di fatto più di 6 milioni gli animali, tra ovini e caprini, che vengono macellati ogni anno per finire sulle tavole dei soli italiani, con un’impennata proprio durante le festività  pasquali e natalizie. Il triste primato delle macellazioni di ovini e caprini, documentate in questi giorni da Animal Equality che ha lanciato la sua seconda investigazione sotto copertura in Italia, spetta alla Sardegna e al Lazio seguite, ma in percentuali minori, da Puglia, Campania e Toscana. “Invitiamo i cittadini a fare un gesto concreto rinunciando alla carne tradizionalmente portata in tavola a Pasqua e a firmare la petizione della LAV con cui chiediamo al Governo e al Parlamento 10 leggi a tutela degli animali” ha dichiarato Gianluca Felicetti, presidente della LAV. “Tra le nuove norme, chiediamo la promozione di scelte alimentari senza prodotti di origine animale, la disincentivazione degli allevamenti e, comunque, l’obbligo di stordimento per tutte le macellazioni”. “I nuovi parlamentari e i membri del Governo saranno chiamati a prendere decisioni sulla vita o sulla morte di milioni e milioni di animali, perché gli animali sono coinvolti nella vita di tutti i giorni, con le scelte che ognuno fa in qualunque posizione geografica, professionale, istituzionale si trovi” ha proseguito Felicetti. “Queste prime proposte di legge possono essere un primo immediato impegno, il segno della nostra capacità  di portare all’attenzione del Parlamento e del Governo le tante istanze per i diritti degli animali. Ogni firma in più raccolta, ci auguriamo più di 100 mila entro tre mesi, sarà  preziosa per aiutare la necessaria trasformazione di queste proposte in leggi”.

La precedente Legislatura ha registrato alcuni importanti risultati, dall’obbligo di soccorso stradale per gli animali al riconoscimento del loro diritto di vivere nei condomini, dall’istituzione del reato di traffico di cuccioli all’entrata in vigore in tutta la Comunità  europea del divieto di vendita di cosmetici con ingredienti testati su animali, in un quadro macchiato però dal rinvio dell’articolo 14 contro la vivisezione nella Legge Comunitaria, “blocco operato da una inetta Commissione Affari europei del Senato” ha concluso Felicetti. “Ora ai Presidenti del Consiglio dei Ministri, del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, chiediamo di impegnarsi concretamente per realizzare quel cambiamento che sempre più cittadini auspicano, per una reale tutela degli animali e dei loro diritti” magari a cominciare da questa Pasqua.

Buona Pasqua a tutti quindi, qualsiasi menu decidiate di mettere in tavola, nella consapevolezza che se ogni italiano rinunciasse non solo oggi, ma almeno una volta alla settimana alla carne risparmierebbe la vita a 12 milioni di animali (pesci esclusi), aumenterebbe le aspettative di vita del nostro Pianeta e diminuirebbe il personale rischio di infarto e di tumore.

Alessandro Graziadei

Nota dell’autore: Mangiare animali è una di quelle tematiche complesse e delicate che va a toccare le consuetudini profonde di ognuno di noi, provocando talvolta reazioni aggressive e dibattiti infiniti. Ogni domanda ne suscita un’altra ed è facile trovarsi a difendere una posizione molto più estremista di quanto si creda o ancora peggio non trovarne una così rispettabile da meritare la nostra difesa. Personalmente la mia scelta è avvenuta ormai alcuni anni fa quando ho chiuso il libro di Jonathan Safran Foer “Se niente importa”. Nato come un’indagine personale per capire come alimentare il primo figlio dell’autore, il libro, partendo dalla tradizione alimentare famigliare, arriva alla consapevole scelta vegetariana. Ciò che mi colpì oltre alle dense ed intelligenti pagine che accompagnano l’indagine furono la premessa e la conclusione che qui riporto. L’autore apre il libro con questo racconto della nonna sopravvissuta alla Shoah: “Il peggio arrivò verso la fine. Moltissime persone morirono proprio alla fine, e io non sapevo se avrei resistito un altro giorno. Un contadino, un russo, Dio lo benedica, vide in che stato ero, entrò in casa e ne uscì con un pezzo di carne per me. Ti salvò la vita! (chiede l’autore) Non la mangiai. Non la mangiasti? Era maiale, non ero disposta a mangiare maiale. Perché? Perché non era kosher. Certo, ma neppure per salvarti la vita? Se niente importa, non c’è niente da salvare”. Trecento pagine più tardi Foer concluderà  dicendo: “Che io sieda alla tavola globale, con la mia famiglia o con la mia coscienza, l’allevamento industriale, per quanto mi riguarda, non appare solo irragionevole. Accettarlo mi sembrerebbe inumano. Accettarlo – nutrire la mia famiglia con il cibo che produce, sostenerlo con i miei soldi – mi renderebbe meno me stesso, meno nipote di mia nonna. Questo voleva dire mia nonna quando disse se niente importa, non c’è niente da salvare”. La fine di quel libro fu l’inizio della mia consapevole scelta vegetariana, ed è stata come una piccola “risurrezione”.


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