ADDIO A PAOLO SOLERI ARCHITETTO DELL’UTOPIA

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Novantaquattro anni è morto, nella sua casa di Paradise Valley, negli Stati Uniti, Paolo Soleri. Era architetto, urbanista, scultore, uomo dalle grandi visioni applicate agli insediamenti umani. Insediamenti che non fossero schiavi dell’automobile, che non consumassero troppo suolo e troppa energia. Insomma una città  che non fosse un «eremo motorizzato», come ha cominciato a chiamarla già  nei primi anni Cinquanta e che potesse fuggire il destino che fin da allora, per essa, sembrava segnato.
Contro questo modello di città , immaginando una città  che si riscalda e si raffredda naturalmente, senza percorsi motorizzati, custode di spazi dedicati all’agricoltura, Soleri ha lavorato lungo l’intera sua vita. Ha insegnato. Ha costruito prototipi e laboratori. Ha disegnato. Ha riempito quaderni di sagome che sembrano rimandare, contemporaneamente, a un futuro lontanissimo e a un passato remoto.
Era nato a Torino nel 1919. Completati gli studi e laureatosi in Ingegneria, Soleri si trasferisce negli Stati Uniti, dove lavora nello studio di Frank Lloyd Wright. Rientrato in Italia, ha rapporti con Adriano Olivetti. È di questi anni una delle sue migliori realizzazioni: la fabbrica di ceramiche Solimene a Vietri sul Mare, sulla Costiera amalfitana. Un edificio che mette in fila lungo una parete foderata di ceramiche una decina di coni con il vertice a terra. L’interno ha le movenze di uno stabilimento industriale altamente tecnologico. Qualcuno ci ha visto l’influenza di Gaudì. Qualcun altro l’ha interpretato come l’ideale porta d’accesso al paesaggio della Costiera.
Soleri torna negli Stati Uniti, dove resterà  per sempre. Si stabilisce nel deserto dell’Arizona, a Paradise Valley dove costruisce il suo studio e un’altra fabbrica di ceramica. Comincia la progettazione di modelli urbani che rovesciano la forma assunta dalla città  moderna. I disegni assumono la dimensione di un progetto esecutivo. Nel 1961, lungo l’autostrada che collega Phoenix al Grand Canyon, Soleri fonda Arcosanti, una specie di cantiere permanente dove assieme agli studenti dell’Università  dell’Arizona si sperimenta la città  ideale, una città  originariamente pensata per 1.500 persone, che si sarebbe potuta estendere su oltre duecento ettari e che avrebbe potuto ospitare 5.000 persone.
È la città  senza macchine, non energivora e in grado di riscaldarsi e raffreddarsi naturalmente. Arcosanti è il prodotto dell’arcologia, un neologismo che tiene insieme architettura ed ecologia. Ed è una città  fatta di prototipi e di manufatti sperimentali. Il cantiere non è mai finito. Attualmente ospita, oltre ai residenti, festival, mostre e soprattutto studenti.
Ma il gusto per l’innovazione e per il progetto non ha abbandonato Soleri neanche negli ultimi anni, e persino superati i novanta: fra il 2005 e il 2012 l’architetto ha messo a punto il disegno di una città  lineare, fatta di moduli che si possono ripetere anche per centinaia di chilometri, un nastro continuo articolato su strutture parallele che contiene la residenza, i luoghi di lavoro e di svago, le scuole e i parchi. Una città  che asseconda la forma del terreno e che cattura il vento, il sole e l’acqua. Il progetto è stato presentato a Macao, in Cina. E si è proposto immediatamente come alternativo, almeno in termini culturali, al modello di metropoli che nell’estremo oriente si sta affermando.
«La ricchezza consiste non nell’avere di più, ma nell’aver bisogno di meno» spiegava Soleri, teorico di una società  anticonsumista e di una città  che non crescesse all’insegna dello spreco e che fosse lo spazio ideale nel quale formare comunità .


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