Anagrafe bancaria europea i cinque Paesi maggiori alleati contro l’evasione

by Sergio Segio | 10 Aprile 2013 7:15

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ROMA — Grande alleanza antievasione dei cinque maggiori europei per la costruzione di una «anagrafe» continentale dei conti correnti bancari. Lo scatto in avanti dei maggiori paesi dell’Unione – Italia, Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna – è giunto ieri dopo lunghe trattative: i ministri dell’Economia di Roma, Berlino, Parigi, Madrid e Londra hanno rotto gli indugi e hanno inviato a Bruxelles una lettera per chiedere che in Europa le informazioni bancarie vengano scambiate, ai fini della lotta all’evasione, «automaticamente e obbligatoriamente » e non solo, come avviene oggi, su singole richieste e rogatorie sui sospetti contribuenti infedeli. Non è escluso che a forzare la situazione sia stata la nuova bomba «Offshore leaks», cioè la lista diffusa nei giorni scorsi di 130 mila titolari di conti correnti nei «paradisi fiscali».
Il modello cui si ispirano i cinque governi europei, spazza il campo dalle lunghe e infruttuose trattative in sede comunitaria che si sono susseguite negli ultimi tempi e che hanno bloccato l’attuazione della direttiva di due anni fa sullo scambio di informazioni bancarie, e si ispira al micidiale Fatca di Obama (il Foreign account tax compliance act) adottato nel 2010 che permette di ottenere tutte le informazioni su tutti i conti bancari, gli investimenti e i redditi all’estero dei contribuenti a «stelle e strisce». Un protocollo che gli Stati uniti sono riusciti ad imporre alla riottosa Svizzera ma che Berna non ha concesso, ad esempio, alla Germania: il Parlamento di Berlino è stato infatti costretto a bocciare la bozza di intesa con gli elvetici che prevedeva una sorta di «sanatoria internazionale » basata su un modello cavalcato anche dall’Italia. La sanatoria, passata sotto il nome di «schema Rubik», prevedeva di scambiare l’anonimato dei contribuenti che detengono capitali in Svizzera con una somma pari al 20-30 per cento delle risorse finanziarie depositate. Ora l’«alleanza anti-evasione» dei cinque paesi dà  maggiore forza contrattuale all’Unione europea nei confronti della Svizzera e degli altri paradisi fiscali e può aprire la strada ad accordi simili a quelli ottenuti dagli Usa.
I ministri dell’Economia dei cinque paesi hanno inviato la lettera, in vista della discussione dell’argomento all’ordine del giorno dell’Ecofin di Dublino di fine settimana, al commissario agli Affari Fiscali Algirdas Semeta che ha apprezzato l’iniziativa e l’ha definita «un nuovo passo contro l’evasione fiscale». La mossa delle cinque capitali arriva dopo le caute aperture di paesi dell’Unione come Lussemburgo e Austria allo scambio automatico di informazioni dopo la strenua difesa avvenuta negli ultimi anni del proprio segreto bancario.
Il ministro francese Pierre Moscovici ha annunciato l’iniziativa dei cinque ministri europei all’Assemblea nazionale indicando di aver chiesto alla Commissione europea di spendersi per un Fatca europeo. «Occorre passare allo scambio di informazioni automatiche su scala europea superando la fase delle informazioni su richiesta», ha osservato Moscovici.
La lettera dei cinque ministri (per l’Italia ha firmato Vittorio Grilli) annuncia che i cinque governi hanno deciso di lavorare «per un accordo pilota multilaterale
per facilitare lo scambio tra i nostri paesi usando il modello concordato con gli Usa». Obiettivo: assicurare la «trasparenza fiscale» in funzione antievasione.
I cinque governi intendono chiudere definitivamente anni di negoziati tortuosi e inconcludenti all’Ecofin, paralizzato dall’opposizione di Lussemburgo e Austria. Le pressione interne alla Ue e quella esterna degli Stati Uniti – sviluppatesi dopo il G20 di Londra del 2009, successivo allo scoppio della crisi – che puntano ad assicurare la comunicazione automatica sui conti americani oltre confine, sono state decisive. Proprio ieri il ministro tedesco delle Finanze, Schaeuble, e il suo omologo statunitense, Jacob J. Lew, hanno dichiarato, dopo un vertice a Berlino, che intendono aumentare la pressione sui paradisi fiscali internazionali. Senza contare che l’evasione fiscale europea ammonta a circa 1.000 miliardi.

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