“Basta strappi” Camusso apre a Confindustria

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TORINO. — Il leader della Cgil Susanna Camusso apre al «patto dei produttori» proposto da Confindustria: «Nessuno più di noi può esserne affascinato, ma non possiamo permetterci il gioco delle illusioni». Tuttavia aggiunge: «Chiudiamo la lunga stagione degli strappi». E fissa le priorità  per l’agenda comune sindacati-imprese: lavoro e fisco.

«Nessuno più della Cgil può essere affascinato dal “patto dei produttori”, deteniamo il copyright. Ma non possiamo permetterci il gioco delle illusioni ». La prende da lontano e con cautela, Susanna Camusso, segretario della Cgil, per spiegare alla platea dei piccoli industriali di Confindustria riuniti all’Oval del Lingotto di Torino, che si può provare la strada per il patto delle fabbriche proposto dal leader degli industriali, Giorgio Squinzi, purché sia chiaro ciò che concretamente possono fare insieme sindacati e industriali. Sono in qualche modo i paletti della Cgil, ma nello stesso tempo è anche un’apertura di Corso d’Italia. La platea rimane fredda ma forse «la lunga stagione degli strappi», come la chiama la Camusso, potrebbe essere alle spalle. Cisl e Uil sono già  pronte all’intesa (addirittura pensano a uno sciopero-serrata insieme alle imprese) e la Confindustria di Squinzi, non ha alcuna voglia di scontri sociali dentro la più grave recessione del dopoguerra.
E la prima cosa da fare, secondo la Camusso, «è quella di rimettere in ordine le relazioni industriali», le regole del gioco tra le parti per impedire gli accordi separati e tutti gli strascichi, sindacali e giudiziari, che si portano dietro. Pensa all’accordo sulla rappresentanza e la democrazia sindacali. D’altra parte, lontano dai riflettori i tre leader di Cgil, Cisl e Uil, Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, sono molto vicini ad un’intesa su come far approvare dai lavoratori i contratti. Nelle prossime settimane ci sarà  l’affondo finale con l’obiettivo di presentare il nuovo accordo alla manifestazione del prossimo primo maggio a Perugia. Sarebbe la premessa per costruire l’agenda comune sindacati- imprese. Secondo la Cgil due sono le leve sulle quali agire: il lavoro e il fisco. Per realizzare una redistribuzione del carico fiscale a favore delle imprese e dei lavoratori. E qui, la Camusso, accanto alla proposta cara agli industriali di modificare l’Irap che penalizza chi ha più dipendenti, rilancia la proposta della patrimoniale sulle grandi proprietà .
Certo agli industriali piace più la veemenza con cui Bonanni affronta il tema. Il leader cislino parla di «santa alleanza tra le parti sociali ». «Che — dice — devono essere l’impalcatura su cui ricostruire il nostro Paese. Industriali e sindacati possono diventare alleatissimi per dare una sveglia all’Italia politica». Quella politica
contro la quale si scagli Squinzi nell’intervento conclusivo: «Speravamo di poter discutere del programma dei primi cento giorni di un nuovo governo. Invece siamo a più di 50 giorni di inerzia totale, rischiosa e costosa. Grosso modo abbiamo contato di aver buttato un punto di Pil». Come Confindustria sia arrivata a questo dato non è chiaro. Da Dublino il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, spiega «di non essere in grado di fare stime» ma rivendica l’impegno del governo, a cominciare dal decreto per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, per far ripartire la crescita.
«Insieme al tempo — dice Squinzi — è finita anche la pazienza degli imprenditori». Perché è come se la classe politica non si accorgesse della drammaticità 
della situazione. Da qui l’idea del patto, non per dire agli altri cosa devono fare, bensì per dare l’esempio «su quello che dobbiamo fare, adesso, per il nostro paese». Un Paese colpito dalla «tempesta perfetta», nel quale — sono gli ultimi dati elaborati dalla Cgil — la cassa integrazione è esplosa, con 520 mila lavoratori a marzo a reddito ridotto con una perdita pari a 1.900 euro a persona. «Ma se chiudono le imprese — conclude Squinzi — muore il Paese ».


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Il latte della Mauritania

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Una «favoletta» che viene dalla Mauritania: illustra come i sussidi agricoli, concessi con larghezza dall’Unione europea ai suoi produttori, siano una concorrenza sleale che soffoca le economie locali altrui. Nel villaggio di Ari Hara, nella Mauritania meridionale, una cooperativa formata da donne ha avviato con successo una produzione di latte e prodotti caseari: trasformano il latte in yoghurt dolce che poi vendono nella vicina città , Boghé, 350 chilometri a sud-est della capitale Nouakchott.

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