Cartes vince la guerra delle due destre

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Il Paraguay torna alla destra. L’imprenditore miliardario Horacio Cartes, del Partido Colorado, sarà  il nuovo presidente per i prossimi cinque anni. Con oltre il 96% dei voti scrutinati, ha totalizzato il 46,1% contro il 36,9% del suo più diretto rivale Efraà­n Alegre, del Partido Liberal Radical Autentico, leader della Alianza Paraguay Alegre. Alta la partecipazione alle urne (60-70% su circa 3,5 milioni di aventi diritto e una popolazione di oltre 6,5 milioni). 
Si è votato per eleggere il presidente, il suo vice, i governatori, i rappresentanti delle Camere e dei dipartimenti e quelli del Parlamento del Mercosur (Parlasur). Dieci gli aspiranti alla presidenza. Avrebbero dovuto essere 11, ma l’ex generale golpista Lino Oviedo è morto il 2 febbraio. La sua formazione, Unià³n Nacional de Ciudadanos à‰ticos (Unace), che rappresenta la terza forza politica del paese, ha convogliato i voti su Efrain Alegre, del Partido Liberal Radical Autentico. Alegre dovrebbe comparire di fronte al giudice il 27 aprile, per rispondere di malversazione. È accusato di aver sottratto allo stato 25 milioni di dollari quando era ministro delle Opere pubbliche nel governo di Fernando Lugo, che poi lo sollevò dall’incarico.
Elezioni segnate da denunce di brogli, compravendita di voti e dalla peggiore epidemia di dengue nella storia del paese, che ha infettato oltre 64.000 persone e ne ha già  uccise 43. Il senatore del Partido Colorado, Silvio Ovelar, è stato sospeso per due mesi, dopo la diffusione di un video in cui lo si vede offrire soldi in cambio di voti. Cartes è considerato narcotrafficante e contrabbandiere. 
In un paese in cui multinazionali, latifondisti e oligarchie fanno blocco per chiudere ogni spiraglio al cambiamento, la partita elettorale si è giocata prevalentemente fra le due destre: più diretta e aggressiva quella rappresentata da Cartes, la cui compagine ha governato il paese dal 1948 al 2008. Al Partido Colorado apparteneva Alfredo Stroessner, la cui feroce dittatura ha insanguinato il paese dal 1954 al ’98. Il programma di Cartes prevede più poteri all’esercito piuttosto che alla polizia e una maggior presenza di consulenti militari Usa, come vorrebbero i piani del Pentagono per tutta l’America latina. Anche il suo principale avversario, però, ha proposto neoliberismo e privatizzazioni, e appoggia l’istallazione di una base militare Usa nel Chaco, alla frontiera con la Boliva, e con i radar puntati in direzione dell’Argentina, Brasile e Venezuela. 
«Da noi il nome Cartes è sinonimo di droga e contrabbando – dice al manifesto Martin Almada, storico difensore per i diritti umani in Paraguay – Horacio Cartes possiede molte fabbriche, una di queste è la Pulpià±a, che produce un succo di ananas e ha una succursale negli Stati uniti. Su questo ha condotto una campagna intelligente in cui ha investito molti soldi: ha assicurato che creerà  posti di lavoro. La sua succursale a Miami è diventata un simbolo della riuscita imprenditoriale: se è riuscito a creare lavoro negli Stati uniti – ha pensato la gente – a maggior ragione riuscirà  a farlo qui. I nostalgici della dittatura hanno l’appoggio dell’ambasciata Usa, dell’oligarchia, del Vaticano e soprattutto delle imprese multinazionali. Una, in particolare, Alcam Rio Tinto, un’impresa mineraria canadese che vuole sfruttare l’alluminio del Paraguay, ha appoggiato il colpo di stato istituzionale contro Fernando Lugo. Se nel golpe contro Zelaya in Honduras c’era puzza di polvere da sparo, in quello contro Lugo si è sentita puzza di dollari e droga. Da quel momento ha avuto mano libera un governo fascista e repressivo».
La deposizione-lampo del presidente legittimo, Fernando Lugo, il 22 giugno del 2012, ha messo in moto il processo che ha portato a queste elezioni. Un evento senza precedenti nella storia del paese. Con 39 voti contro 4, il Senato (storicamente dominato dal partito della destra, il Colorado) si è allora liberato dell’ex vescovo dei poveri, che aveva interrotto i 61 anni di governo “colorado”, il 20 aprile 2008. Al suo posto, il Tribunal Superior de Justicia Electoral (Tsje) ha subito legittimato Federico Franco, il vicepresidente, membro del Partido Liberal, l’alleato che aveva portato a Lugo il 70% dei voti. 
L’improbabile maggioranza dell’ex vescovo dei poveri, che andava dall’estrema sinistra al Partido Liberal (altra formazione di destra) aveva cominciato presto a scricchiolare, rendendo impossibile il piano di riforme promesso in campagna elettorale: in primo luogo la riforma agraria. Nel Paraguay – un’estensione di 406.750 kmq, la principale concentrazione di terre dell’America latina – l’85,5% della terra è in mano al 2,6% della popolazione. Quasi il 40% dei cittadini – soprattutto contadini e indigeni espulsi dai loro territori – vive in povertà . Nel 1936 fu approvata la prima legge di riforma agraria, che si proponeva di seguire il principio «la terra a chi la lavora», ma i grandi interessi politici ed economici ne impedirono l’applicazione. Nel ’63, l’iniziale processo di recupero delle terre da parte dei contadini servì alla dittatura per favorire i propri sostenitori. Ieri e oggi, le diverse modalità  di accaparramento della terra hanno riassunto la cifra più importante dell’imperante corruzione. 
Un’occupazione di terre ha peraltro costituito la causa scatenante della deposizione di Lugo. Il 15 giugno 2012 morirono 11 contadini e 6 poliziotti a Curuguaty, una città  ubicata nella parte est della capitale Asuncion, nel dipartimento di Canindeyu. Scontri seguiti a un tentativo di sgombero, secondo la polizia. Per la sinistra, un attacco a freddo a contadini disarmati che cercavano di recuperare i loro spazi. Il giorno dopo il massacro, Lugo ha destituito il ministro dell’Interno e il capo della polizia. Il 21 giugno il Congresso ha annunciato di voler procedere a un «giudizio politico» contro di lui. Lo ha accusato di aver istigato e facilitato le occupazioni del latifondo; di non aver sviluppato adeguati programmi per combattere l’insicurezza; di aver attentato alla sovranità  del paese sottoscrivendo il protocollo di Ushuaia II per una nuova integrazione latinoamericana, considerato un attentato contro la sovranità  del Paraguay; di essere stato inoperante, inetto e negligente nella vicenda di Curuguaty. Il giudizio è arrivato in meno di 48 ore e Lugo è diventato il primo presidente del Paraguay destituito dal Parlamento.
Dice ancora Martin Almada: «Lugo era la forza che concentrava tutta la sinistra, però è apparso debole e persino sospetto nella sua arrendevolezza. Perché ha capitolato senza lottare? Per questo abbiamo deciso di fondare un altro gruppo, Avanza Paà­s, più deciso nella rivendicazione di alcuni temi come la questione sociale e la difesa dell’ambiente». Avanza Pais, diretto dal presentatore televisivo Mario Ferreiro ha totalizzato il 5,88% contro il 3,32% della coalizione sostenuta da Lugo, il Frente Guasàº, rappresentato dal medico Anibal Carrillo.
«Carrillo – afferma Almada – è un tipo lucido, serio, specchiato. Appartiene alla borghesia paraguayana, ma ha lottato tutta una vita nelle organizzazioni studentesche, è stato arrestato e torturato durante la dittatura. È un medico brillante, ma non ha carisma, non è riuscito ad avvicinare quel popolo che pure ama».
Dopo il golpe istituzionale, Mercosur e Unasur hanno sospeso il Paraguay «fino al ripristino dell’ordine democratico». Ieri hanno presenziato alle elezioni, insieme a 1500 osservatori. Gli organismi internazionali hanno accolto le denunce di brogli, censure e intimidazioni presentate dalle organizzazioni di sinistra. La portavoce degli osservatori dell’Unione europea, Renate Weber, trova «molto sorprendente» che i media locali abbiano pubblicato sondaggi e dichiarazioni esplicite del Tribunale speciale elettorale durante la giornata elettorale, nonostante la legge lo vieti.
«La destra è tornata a vincere e il panorama non è roseo – dice ancora Almada – tuttavia il Paraguay si sta liberando della sua seconda pelle, la paura. I giovani stanno riprendendo la parola e c’è una situazione esplosiva sul piano sociale. Molti giovani sono andati a Cuba e in Venezuela per formarsi politicamente e poi tornare qui a lavorare, riportando il grande vento di cambiamento che anima i paesi socialisti dell’America latina. In questo momento oltre 800 studenti sono all’Avana e altrettanti a Caracas. Sono loro il nostro futuro».


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