Conti in Svizzera del ministro francese Spuntano 15 milioni

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PARIGI — «Chi più crederà  a un politico?», era la domanda ricorrente martedì scorso, quando l’ex ministro anti-evasione fiscale Jérà´me Cahuzac ha infine confessato di avere tenuto per vent’anni un conto in Svizzera, dopo che nei quattro mesi precedenti aveva sempre negato in modo teatrale e, a posteriori, ridicolo. Il primo a fare le spese di quella domanda è adesso il ministro degli Esteri, Laurent Fabius. Il quotidiano Libération esce oggi con una prima pagina dal titolo «L’incubo continua», aggiungendo che Fabius «smentisce di avere un conto svizzero. Vento di panico all’Eliseo». Nessuna prova, per ora neppure un indizio. Ma il nome è fatto, Fabius ormai è coinvolto.
E la sua dichiarazione di innocenza rischia di suonare già  come una mezza ammissione, nella Francia sotto choc del dopo-Cahuzac. L’avvocato Jean-Michel Darrois può pure diramare il comunicato «il ministro Fabius smentisce con forza tutte le voci che circolano e assicura di non avere mai avuto un conto in Svizzera né in alcun paradiso fiscale»; dopo le continuate, spettacolari e bugiarde smentite di Cahuzac, per l’opinione pubblica sono frasi ormai prive di senso.
Ma, a differenza di Mediapart quando il 4 dicembre 2012 accusò Cahuzac, Libération non ha niente contro Fabius. Si limita a pubblicare l’indiscrezione che da un paio di giorni circola per i ministeri e le redazioni di Parigi: il prossimo potrebbe essere lui, forse al centro del nuovo «scandalo repubblicano» preannunciato dal direttore di Mediapart Edwy Plenel c’è il numero due del governo, il capo del Quai d’Orsay. Mediapart non ha ancora diffuso una riga della sua nuova inchiesta, ma Libération svela che sabato Fabrice Arfi, già  autore dello scoop su Cahuzac, ha incontrato il ministro degli Esteri per chiedergli conto di alcune informazioni in suo possesso. Questo basta per scatenare la psicosi.
Il nuovo capitolo dell’«affaire Cahuzac» è alimentato anche dalla notizia che l’ex ministro non avrebbe tenuto in Svizzera solo 600 mila euro, come alla fine aveva ammesso. Fonti dell’ambiente bancario di Ginevra citate dalla tv svizzera francese Rts indicano che la montatura finanziaria organizzata dal chirurgo estetico diventato politico serviva a gestire una cifra che, nel 2009, è stata a un certo punto di 15 milioni.
Jérà´me Cahuzac avrebbe cercato di piazzarli in un istituto di gestione di patrimoni che però, a differenza dell’ex ministro, ha avuto un sussulto di moralità , o meglio prudenza. Cahuzac era un «Pep», cioè una «personalità  esposta politicamente» nel gergo ginevrino: la banca ha temuto ulteriori complicazioni e ha rifiutato l’incarico. Ma se la nuova ricostruzione è corretta, è possibile che i 15 milioni fossero tutti di Jérà´me Cahuzac?
Lui ormai è un politico finito, trattato come un appestato dai compagni di sinistra e dai molti amici di destra che con curioso atteggiamento bipartisan lo hanno — forse troppo a lungo — difeso. Così fioriscono gli aneddoti di quando, con la moglie Patricia dalla quale sta divorziando, il prestante Jérà´me appassionato di boxe e ciclismo era titolare della clinica vicino agli Champs à‰lysées dove i personaggi dello spettacolo e della politica andavano a farsi trapiantare i capelli, e lui proponeva il classico doppio prezzo «con fattura o senza». Poi c’è il sospetto che negli anni il medico-politico Cahuzac abbia goduto dei favori di molte case farmaceutiche.
Ma forse il lavoro in nero e le possibili mazzette non bastano a spiegare 15 milioni. Edwy Plenel di Mediapart sostiene che «Cahuzac ha mentito così tanto e così a lungo perché non mentiva solo per sé stesso, faceva parte di un sistema». E più il governo cerca di arginare il caso più lo scandalo Cahuzac si allarga, mentre all’estrema sinistra Jean-Luc Mélenchon torna a urlare tous pourris!, «tutti marci», lo slogan dell’antipolitica alla francese.
Il ministro delle Finanze Pierre Moscovici ripete «ho fatto quel che potevo, e che dovevo» ricordando la sua richiesta di chiarimenti alla Svizzera presentata già  a gennaio, ma lo accusano di avere formulato le domande in modo da scagionare il collega. Il presidente Hollande a dicembre venne avvisato che le prove su Cahuzac erano consistenti ma preferì continuare a credergli perché «mi ha giurato di essere innocente guardandomi negli occhi». La destra all’opposizione non si salva: secondo Libération già  nell’aprile 2012, prima ancora della vittoria di Hollande, i collaboratori del ministro Xavier Bertrand dicevano «Cahuzac? Non sarà  mai ministro, ha un conto in Svizzera». Eppure, come accadde all’inizio con Strauss-Kahn e il Sofitel, la dichiarazione politica tipo, oggi, è «sono stupefatto».


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