Conto alla rovescia per i missili

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PECHINO — La «bomba» è esplosa nel Campidoglio di Washington, quando l’altra sera un congressman ha letto davanti alla Commissione forze armate un passaggio di un documento dell’intelligence Usa: «I servizi segreti militari valutano con moderata certezza che la Corea del Nord abbia armi nucleari trasportabili da missili balistici».
La frase era contenuta in un rapporto solo in parte classificato (segreto) ed è stata svelata per errore dal deputato Lambord; era presente in aula per un’audizione il generale Dempsey, capo degli stati maggiori riuniti: è sembrato scioccato e ha farfugliato di non essere al corrente. Poi il Pentagono ha precisato che in effetti quello è il parere dell’intelligence, ma che non c’è certezza sulla «reliability» (l’affidabilità ) della testata nucleare e del missile. Significa che i servizi segreti e gli analisti militari non sanno quanto possa «essere preciso» il dispositivo nordcoreano. Una rassicurazione poco rassicurante, viste le minacce del dittatore Kim Jong-un.
Da alcuni giorni i satelliti e gli aerei Usa che sorvegliano la Nord Corea hanno identificato movimenti di missili sulla costa orientale. Sulle rampe di lancio sarebbero stati sistemati due vettori Mudusan (così vengono classificati in Occidente dal nome della città  nel Nord vicino alla quale sono schierati). Questi missili avrebbero una gittata tra i 3.500 e i 4 mila chilometri, capaci di raggiungere oltre il Sud e tutto l’arcipelago giapponese anche il territorio americano di Guam. Sarebbero stati riforniti di carburante: e questo combustibile, quando è nei serbatoi va utilizzato entro 72 ore: la data «di scadenza» coincide con lunedì 15 aprile, 101° anniversario della nascita di Kim Il-sung, primo dittatore della famiglia, arrivata con il trentenne Kim Jong-un alla terza generazione.
Preso atto di questo conto alla rovescia, dalla Casa Bianca il presidente Obama ha chiesto ai nordcoreani di mettere fine «all’approccio belligerante», mentre il suo segretario di Stato John Kerry, sbarcato a Seul per rincuorare gli alleati, ha ammonito il Nord che il lancio di un missile sarebbe «una provocazione e un grosso sbaglio: il popolo nordcoreano ha bisogno disperato di cibo, non di missili e guerre. Le relazioni tra Nord e Sud possono migliorare rapidamente se Pyongyang prenderà  le giuste decisioni».
Gli analisti sostengono che Obama sta seguendo la «dottrina Kennedy», quella che evitò una guerra con l’Unione Sovietica nel 1962 ai tempi della crisi per i missili a Cuba. Allora John Kennedy si convinse che quando c’è il pericolo di confronto nucleare, far agire i militari secondo il manuale sarebbe un grosso errore. Per questo è partito l’ordine di ridurre le esibizioni di forza: da qualche giorno non si citano più i voli dei bombardieri B-2 e B-52 e degli F-22.
A sostegno di questa «pazienza strategica», gli storici ricordano quando al culmine della crisi cubana, nel 1962, il ministro della Difesa Robert McNamara disse all’ammiraglio Anderson che voleva sparare colpi di avvertimento davanti alla prua delle navi russe dirette verso l’isola di Fidel Castro: «Qui non si spara nemmeno un colpo senza la mia personale autorizzazione».
Pyongyang invece va avanti con le minacce: l’ultima è per Tokyo «che potrebbe essere consumata dalle fiamme nucleari».
Kerry questa mattina si sposta a Pechino, per chiedere l’intervento della nuova leadership cinese sull’alleato-cliente di Pyongyang. «È chiaro a tutti che non c’è nessun Paese al mondo che abbia relazioni così strette o possibilità  d’impatto sui nordcoreani come la Cina», ha detto.
Ed è chiaro, da una serie di segnali pubblici, che Pechino è sempre più frustrata dalla strategia della tensione di Kim Jong-un e dei suoi gerarchi. Intorno alla città  cinese di confine di Dandong, abitata da oltre due milioni di persone, l’esercito ha condotto l’altro giorno esercitazioni di evacuazione.
Guido Santevecchi


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