Filmavano una base dei ribelli: rapiti
GERUSALEMME — Il primo allarme è scattato mercoledì, quando è saltato il collegamento con l’Italia. Adesso la Farnesina conferma che i quattro giornalisti sono stati sequestrati nel nord della Siria, erano entrati nel Paese cinque giorni fa dalla Turchia. Nel gruppo ci sarebbero Amedeo Ricucci, inviato di La Storia siamo noi, che per il programma di Raitre era già stato in Siria a ottobre e aveva raccontato la battaglia di Aleppo, il fotografo Elio Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e Susan Dabbous, italo-siriana che collabora anche con il quotidiano il Foglio. Il ministero degli Esteri italiano ha attivato l’unità di crisi ed è già in contatto con i familiari: «Occorre mantenere il massimo riserbo». Roma avrebbe anche chiesto l’aiuto di Ankara per la trattativa, i due siriani che accompagnavano la squadra sono già stati rilasciati e sono tornati dall’altra parte del confine.
Le province verso la frontiera turca sono per la maggior parte sotto il controllo dei ribelli che da oltre due anni combattono contro il regime di Bashar Assad. L’Esercito libero siriano deve contrastare anche l’influenza di gruppi jihadisti come Jabat al-Nusra che stanno cercando di spadroneggiare e dirigere la rivolta. Gli italiani sarebbero stati fermati da una milizia salafita nel villaggio di Yaqubiya, a nord di Idlib, perché avrebbero ripreso con le videocamere una postazione militare. Gli attivisti locali in contatto con i ribelli sostengono che i reporter sono stati trattenuti per verificare la loro identità e la loro professione.
Nelle stesse zone è stato rapito a novembre James Foley, giornalista americano freelance, che era già stato sequestrato dalle forze di Muammar Gheddafi in Libia. La sua famiglia non ha avuto più notizie, come quella di Austin Tice, giornalista texano, del quale è circolato su Youtube un video dopo la scomparsa ad agosto: bendato e legato, viene trascinato da un gruppo di uomini in borghese, vestiti con abiti tradizionali. Il filmato ha fatto pensare a un’operazione del regime: Tice sarebbe stato portato via dai servizi segreti di Assad che hanno organizzato la messinscena per incolpare i rivoltosi.
Prima della partenza, Ricucci ha spiegato sul suo blog che con il viaggio in Siria vuole tentare un reportage sperimentale intitolato Silenzio, si muore, una forma di giornalismo partecipativo, con collegamenti ogni giorno via Skype con gli studenti di San Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna.
«Saranno loro a decidere il mio percorso — scrive Amedeo Ricucci — le notizie da seguire e le storie da raccontare. Non sarà un videogioco, attenzione. Sarà un modo per portarli con me, tutti e 20, grazie a una tecnologia che ormai annulla qualsiasi distanza. E sono certo che sarà un modo per raccontare la guerra in maniera diversa e, spero, più coinvolgente».
Pochi giorni fa un uomo d’affari siriano ha annunciato alla televisione di Stato di aver messo una taglia sui giornalisti dei canali satellitari Al Arabiya e Al Jazeera: «Raccontano solo bugie che vengono accettate come verità in tutto il mondo, il loro obiettivo è frantumare il Paese. Chiunque li fermi e li consegni alle forze del governo riceverà un premio», ha proclamato Fahim Saqr dal Kuwait dove vive e lavora.
Le vittime della rivolta iniziata nel marzo del 2011 sono ormai oltre 70 mila, la guerra è arrivata nella capitale Damasco. Sotto assedio, Bashar Assad ha concesso un’intervista alla televisione turca Ulusal Kanal e minaccia un «effetto domino» se il regime dovesse crollare: «La mia caduta causerebbe un periodo di instabilità per molto tempo, forse decenni in tutto il Medio Oriente». Il dittatore accusa i Paesi confinanti di lasciar passare i «terroristi» per creare il caos.
Davide Frattini
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