Imprese e sindacati, prove di rilancio

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TORINO — Un minuto di silenzio «contro l’indifferenza dei partiti» e un «patto della fabbrica» tra imprenditori e sindacati per salvare il Paese. La protesta dei produttori piegati dal declino, nella città  che oltre trent’anni fa generò la marcia dei quarantamila, comincia a prendere forma dopo una settimana di martellante campagna sui media basata sullo slogan del «tempo scaduto». «Il Paese è a pezzi», esordisce il presidente dei piccoli di Confindustria Vincenzo Boccia che al Lingotto ha organizzato una due giorni per ricordare che «crescere si può e si deve» e per lanciare un grido di «rabbia e speranza». Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con un telegramma ha ricordato come la «manifattura, pur colpita dalla crisi, rappresenta il punto di forza del Paese» e ha invitato gli imprenditori a fornire analisi e proposte per rilanciare l’economia. I piccoli ringraziano ma prima di ricordare l’agenda confindustriale per altro già  formulata prima delle elezioni, viene elencata una lunga lista di cifre drammaticamente negative. «L’Italia è nella peggior crisi economica dall’unità  â€” esordisce il capo dell’ufficio studi di viale Astronomia Luca Paolazzi — con un Pil procapite che dal 2007 è crollato del 10,3% e la produttività  del 25%». Prosegue con un drammatico paragone: «Uno stallo politico come quello attuale c’è stato solo nel 1919 e sappiamo come è andata a finire, con la gente incattivita e impoverita la democrazia può andare in crisi».
Il vicepresidente di Confindustria e numero uno di Enel Fulvio Conti rilancia l’appello fatto in questi giorni da Giorgio Squinzi per un patto per l’Italia, che da domani veda insieme imprese e sindacati, per presentare una proposta al governo. Oggi, con la presenza a Torino dei tre leader Cgil-Cisl-Uil, si capirà  se alle parole seguiranno i fatti. Ai brutti dati sull’economia illustrati da Boccia, tra i quali svetta la chiusura di 70 mila imprese manifatturiere negli ultimi sei anni, si sono aggiunti quelli forniti ieri dalla Banca d’Italia nel denunciare un debito pubblico ormai stabile sopra i duemila miliardi di euro — ma in calo di 5,2 a febbraio — e una pressione fiscale che a marzo ha messo a segno un nuovo rialzo del 2%. L’inflazione dimezzata in sei mesi, a 1,6% secondo l’Istat, è un altro segnale della recessione.
Conti e Boccia chiedono un governo stabile, una formula che non necessariamente significa la scelta di un esecutivo subito rispetto a elezioni immediate, ma lascia intendere come la situazione è così drammatica che forse sia preferibile un nuovo governo in grado di fare alcune riforme strutturali prima di ripassare per le urne. Il governo Monti, prima osannato per la novità  poi criticato per le controverse riforme sulle pensioni e sul lavoro, non viene mai nominato. Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, non previsto nell’agenda, si siede nelle prime file e Boccia a sorpresa lo invita a parlare. Un intervento lungo e appassionato che alla fine plana sul disagio degli imprenditori. «Condivido l’insofferenza, l’indignazione che viene fuori da qui per i tempi della politica che nulla hanno a che fare con i tempi dell’economia reale del Paese», ha detto il ministro che ha poi condiviso anche la «migliorabilità » del decreto per lo sblocco dei debiti da parte della pubblica amministrazione al mondo delle imprese.
Vincenzo Boccia non molla la presa contro l’indifferenza dei partiti e della politica. «Non dobbiamo stancarci di ripetere le cose giuste da fare per il Paese» e ribadisce in 5 punti le urgenze indifferibili per il pianeta industria decimato dal crollo dei consumi: cosa si intende fare per ridurre il global tax? E sui costi dell’energia? Quali infrastrutture dare al Paese e come procedere per le piccole opere? Come e quando ridurre il cuneo fiscale? Così a Torino, al mitico Lingotto ex Fiat, prende plasticamente forma una inedita «Confindustria di protesta» contro una «economia di guerra» e un drammatico «tempo scaduto» come campeggia su intere pagine dei giornali nazionali. Oggi il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi cercherà  di tirare le somme di questa settimana di mobilitazione senza precedenti.
Roberto Bagnoli


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