Letta è premier: esecutivo giovane Provo una sobria soddisfazione

by Sergio Segio | 28 Aprile 2013 6:47

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ROMA — Il governo Letta è fatto. E la notizia dopo 62 giorni di crisi, fa il giro del mondo. La notizia è che il governo in Italia c’è e la novità  è per come è: pieno di quarantenni e di donne, a cominciare da Emma Bonino al ministero degli Esteri, passando per l’ex rettore della Scuola Sant’Anna di Pisa, Maria Chiara Carrozza, all’Istruzione, per arrivare a una «nuova italiana» come la neoministro all’Integrazione, la dottoressa congolese Cécile Kyenge. Ventuno ministri, otto senza portafoglio. Il governo Letta, come ha detto lo stesso premier, ha alcune caratteristiche immediate che saltano agli occhi. Il «salto generazionale» rispetto al passato (età  media 53 anni), l’assenza dei «big» dei partiti che lo compongono (Pd, Pdl, Scelta civica, Udc, restano fuori Sel, M5S e Lega). Un fatto quest’ultimo che però non riesce ad eliminare ugualmente il sapore di «inciucio» per Beppe Grillo: «Con Letta risuscita Barabba. È la notte della Repubblica, la volontà  popolare è stata rinchiusa nel ghetto: fin quando può durare?».
Sono ben 7 le donne ministro. La più giovane Nunzia De Girolamo, Pdl, classe ’75; il più anziano, Saccomanni, 71 anni, responsabile dell’Economia. Saccomanni insieme ad Anna Maria Cancellieri alla Giustizia sono le pietre angolari del nuovo esecutivo. Mentre il segretario del Pdl Angelino Alfano è insieme vicepremier e ministro dell’Interno.
Questa mattina alle 11.30 il giuramento nelle mani del capo dello Stato (con il Palazzo del Quirinale che rimarrà  comunque aperto ai cittadini). L’esecutivo Letta potrà  contare su numeri schiaccianti in Parlamento dove il premier presenterà  il suo discorso programmatico domani, 29 aprile.
Il sorriso aperto e la soddisfazione di Enrico Letta erano evidenti quanto il premier ha letto la sua dichiarazione ieri pomeriggio dopo essere salito al Colle a riferire a Giorgio Napolitano. «Una soddisfazione sobria», ha detto.
Napolitano ha fotografato la riuscita dell’operazione con tre parole: «Novità , freschezza, competenza». «Era ed è l’unico governo possibile», ha sottolineato Napolitano, che però ha voluto compiere un passo indietro, attribuendo per intero ad Enrico Letta il merito di aver raggiunto l’obiettivo. Non è, insomma, un governo del presidente.
Premier ieri al lavoro di buon mattino con l’obiettivo di chiudere in giornata. Il primo appuntamento è stato con Pier Luigi Bersani. E dal segretario uscente del Pd è arrivato un avvertimento per il Pdl: «Il governo non si fa a tutti i costi». Subito dopo il premier incaricato ha visto Silvio Berlusconi, accompagnato da Angelino Alfano e Gianni Letta. E proprio il segretario del Pdl ha chiarito: «Dai giornali le solite mistificazioni. Dal Popolo della libertà  non c’è nessun veto a Massimo D’Alema perché non è nostra abitudine ingerire in casa altrui».
Al termine dell’incontro, Berlusconi appare il più fiducioso: «Credo che Letta giurerà  già  stasera. Io non sarò ministro».
Resta il fatto che per mandare a posto tutte le caselle, c’è voluto ancora un ultimo colloquio di oltre un’ora con il capo dello Stato. Per l’ex sindaco di Padova, Flavio Zanonato, la nomina per un ministero chiave come quello dello Sviluppo è stata così inattesa da dover organizzare in tutta fretta il rientro dalle vacanze.
La sala stampa del Quirinale viene aperta alle 5 del pomeriggio. Da allora in poi è tutto un susseguirsi di dichiarazioni.
Per Alfano è «grande onore servire il mio Paese da ministro dell’Interno. Un solo rammarico: mi avrebbe fatto tanto piacere lavorare con Antonio Manganelli», il recentemente scomparso capo della Polizia.
Il governatore lombardo Roberto Maroni si limita a dire che «il governo è così così. Bene il ricambio generazionale e Alfano all’Interno, ma alcuni ministri c’entrano davvero poco con l’incarico ricevuto». La Confindustria parla di «esecutivo di qualità , ora il rilancio». Appoggio dal mondo cattolico. «È l’unico governo possibile, il governo che andava fatto. Ora ha una duplice sfida: risollevare il Paese dal pantano e superare il discredito della politica», ha dichiarato, il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.
M.Antonietta Calabrò

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