«La legge sulla fecondazione nega i diritti alle famiglie»

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La legge 40 che regola in Italia la procreazione medicalmente assistita continua a essere bocciata dai giudici. Una serie di sentenze (18 e 22 procedimenti), dal 2004 ad oggi, la stanno trasformando. E quasi sempre perché lesiva dei diritti costituzionali. L’ultima bacchettata ai legislatori riguarda il divieto alla fecondazione eterologa, quella possibile soltanto grazie ad un donatore di cellule riproduttive esterno alla coppia. È in contrasto con alcuni principi costituzionali. Così dice un’ordinanza, depositata il 29 marzo scorso, dal Tribunale civile di Milano. I giudici chiedono, per la sesta volta, alla Consulta di pronunciarsi sulla 40. Oggetto: il divieto all’eterologa. Motivazioni: lede il diritto fondamentale all’autodeterminazione della coppia, il principio di eguaglianza tra coppie e il diritto alla salute. In sintesi, secondo i giudici, il no italiano all’eterologa mina la vita familiare e discrimina le coppie infertili.
Tradotto: chi se lo può permettere può usufruire ugualmente di ciò che è vietato in Italia varcando semplicemente il confine con un nutrito pacchetto di euro in tasca. Al contrario, chi non gode di buona salute economica deve tenersi l’infertilità .
Inoltre, scrivono i giudici: le coppie italiane con problemi di fertilità  «risultano trattate in modo opposto (…) solo in virtù del tipo di patologia che affligge l’uno o l’altro dei componenti della coppia». L’obiettivo dichiarato «della legge 40 — ricordano le toghe — è proprio quello di favorire la soluzione di problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità  o dall’infertilità  della coppia, mediante il ricorso alla procreazione medicalmente assistita». Ecco, allora, che «all’identico limite (infertilità  e sterilità  di coppia) dovrebbe corrispondere la comune possibilità  di accedere alla migliore tecnica medico scientifica utile per superare il problema». Non fa una piega. Nell’ordinanza viene, inoltre, evidenziato che «il divieto normativo presente nella legge 40 condiziona la possibilità  delle coppie eterosessuali sterili o infertili nel proprio diritto di determinare la propria condizione genitoriale e, quindi, di poter concorrere liberamente alla realizzazione della propria vita familiare».
Sono stati gli avvocati Marilisa D’Amico, Maria Paola Costantini, Massimo Clara e Sebastiano Papandrea ad assistere la coppia affetta da «azoospermia completa» che ha presentato nel 2010 ricorso al Tribunale civile di Milano per poter accedere alla fecondazione eterologa, vietata dalla 40. Gli avvocati giudicano «molto positiva» l’ordinanza e ora confidano nell’esito positivo da parte della Corte costituzionale, in modo che «entro qualche mese, forse entro la fine dell’anno, tutte le coppie in Italia possano avere accesso alla fecondazione eterologa». Con una maggiore tutela della salute e maggiore protezione del minore. Nel nostro Paese, infatti, i controlli e il monitoraggio delle coppie e dei nati è totale, al contrario di ciò che accade spesso all’estero. «Da agosto siamo in attesa delle decisioni dei tribunali di Firenze e di Bologna sempre sul divieto di eterologa», dice l’avvocato Filomena Gallo, dell’associazione Luca Coscioni e da anni in prima linea nel tutelare coppie discriminate dalla legge 40, con azioni legali anche internazionali (Corte interamericana dei diritti umani e Corte europea). E ricorda come la Consulta già  il 22 maggio 2012 ha precisato che la cancellazione del divieto di eterologa dalla legge 40 non crea vuoto normativo, «poiché la stessa legge 40 prevede tutte le garanzie giuridiche per i nati, per i genitori e esclude rapporti giuridici con i donatori».
Diverso il commento di Eugenia Roccella, deputata pdl: «Per l’ennesima volta un tribunale civile attacca la legge 40 su un punto già  confermato da un referendum, e cioè il divieto alla fecondazione eterologa che, ricordiamo, significa commercio di gameti umani». Contenta invece Livia Turco, del Pd: «La legge 40 va subito modificata e in modo significativo».


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