Maduro giura, festa e protesta

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Una ragazzina armata di voluminosa telecamera cerca di farsi spazio sulle balaustre del palazzo Miraflores in cui Nicolas Maduro sta per assumere l’incarico di nuovo presidente del Venezuela. Si chiama Ana Gabriela, ha 19 anni e anima la televisione comunitaria di Ciudad Caribia: «Prima di Chà¡vez – dice – sarebbe stato impossibile che noi partecipassimo a una cerimonia ufficiale». Nell’aula parlamentare ci sono operai, contadini, militari, movimenti, deputati, diplomazie e ospiti internazionali.
Un uomo riesce a fiondarsi su Maduro e a prendergli il microfono. Si tratta di un inveterato della performance, lo stesso che ha rubato lo scettro a Miss Universo, ma l’episodio – immediatamente messo in rete dai media comunitari – provoca attimi di panico. Il paese ha ancora i nervi tesi. Alle presidenziali del 14 aprile, Maduro ha smentito tutte le previsioni che lo davano vincente di almeno 10 punti sul candidato della destra, Henrique Capriles Radonski – leader della Mesa de la unidad democratica (Mud). Lo scarto è risultato di 1,8 e Capriles ha subito gridato ai brogli, invitando i suoi allo scontro. Un piano preordinato – ha sostenuto il governo -, basandosi su documenti intercettati e sulle dichiarazioni di alcuni deputati di opposizione, che avevano rivelato le intenzioni della Mud già  il 26 marzo. Otto militanti chavisti sono stati uccisi – e decorati come «martiri della rivoluzione» -, un altro è morto ieri per le ferite riportate. Bande di estrema destra hanno incendiato le sedi del Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) e i Centri diagnostici integrati (Cdi), feriti i medici cubani che lavorano nelle strutture sanitarie di quartiere: secondo un noto giornalista di opposizione, i chavisti avrebbero nascosto lì le prove dei brogli. Capriles ha chiesto il conteggio manuale di tutti i voti: una richiesta improponibile dato il sistema elettorale automatizzato, unico contemplato dalla Costituzione.
La macchina elettorale – considerata inattaccabile da tutti gli osservatori internazionali – ha già  effettuato il riscontro manuale del 54% delle schede, verificando una tendenza irreversibile. Il Consiglio nazionale elettorale ha comunque accettato di esaminare il ricorso della Mud in merito al rimanente 46% dei voti. Capriles insiste però a non riconoscere la presidenza Maduro, i suoi hanno disertato la cerimonia. Fuochi d’artificio e musica per i 203 anni dell’indipendenza nazionale hanno tuttavia messo la sordina ai cacerolazos dell’opposizione. Maduro ha ricevuto la fascia presidenziale da Maria Gabriela, una delle figlie di Chà¡vez, mentre il presidente dell’Assemblea, Diosdado Cabello, formalizzava il giuramento tra un quadro di Simon Bolivar e uno del presidente scomparso. Maduro ha promesso «una rivoluzione nella rivoluzione», per correggere errori e inadempienze e realizzare i punti di programma contenuti nel Plan de la Patria del suo predecessore. Per questo, si è detto disposto «a parlare anche col diavolo», ma senza deviare dai principi.
Un’imponente e allegra sfilata militare, dedicata alla memoria di Hugo Chà¡vez, ha poi mostrato la natura e la consistenza dell’alleanza civico-militare, nervatura del processo bolivariano. La giovane Ana Gabriela applaude. Spiega che Ciudad Caribia, il posto dove vive, è una «città  nata nel socialismo in una zona prima in preda al degrado». Spiega che ora «gli abitanti gestiscono le proprie risorse» sua mamma ha finalmente una casa, lei può studiare gratis e fare un lavoro che le piace. «Parlando con i miei amici europei – dice -, constato che la nostra rivoluzione è preziosa e dobbiamo tenercela cara».


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