Pd, i dissidenti cambiano linea: sì alla fiducia

by Sergio Segio | 29 Aprile 2013 12:14

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ROMA â€” Non sarà  la fiducia il primo scoglio del governo Letta. Dai dissidenti del Pd arriva infatti disco verde. Marcano la distanza e le contraddizioni di un governo che tiene insieme Pd e Pdl, però sia Rosy Bindi che Laura Puppato, Sandro Gozi, Sandra Zampa, Sergio Lo Giudice e la cinquantina di parlamentari ribelli voteranno “sì” alla fiducia. D’altra parte, il «tragico start, il via brutale» del nuovo esecutivo con gli spari e il ferimento dei due carabinieri davanti a Palazzo Chigi, obbliga a una «ancora maggiore responsabilità  ». Bindi, l’ex presidente dei Democratici, apprezza la squadra di ministri, darà  il via libera alla fiducia, ma teme che non ci saranno quelle misure radicali per affrontare l’emergenza italiana e la disperazione sociale. Gli altri parlamentari critici preparano un documento in cui spiegano le ragioni della contrarietà , però concludono: «… accorderemo la fiducia a questo governo». Solo Pippo Civati, outsider, ex consigliere regionale lombardo, aspetta di discutere stamani nell’assemblea dei deputati democratici: «Non so se votare con il Pd o uscire dall’aula ».
Tuttavia le insidie che possono venire dal Pd sono dietro l’angolo. E la partita del governo guidato dall’ex vice segretario democratico è strettamente intrecciata alla rifondazione del partito che è il maggiore azionista di riferimento dell’esecutivo. Il Pd è oggi una sede vacante. Tutta la segreteria, a cominciare da Pierluigi Bersani, è dimissionaria; Letta è al governo; la presidente Bindi si è dimessa. Resta nelle sue funzioni solo il tesoriere Antonio Misiani. La ricostruzione di un centrosinistra distrutto e in pieno marasma, ha un primo passo nell’Assemblea nazionale dei “mille” delegati in cui bisognerà  eleggere il “reggente” del Pd. L’Assemblea slitterà  con ogni probabilità  dal 4 all’11 maggio. Al “reggente” si attribuisce una funzione importante, di garanzia dopo le faide tra correnti, la ferita dei 101 “franchi tiratori” che hanno impallinato Prodi nella corsa per il Colle e pugnalato al tempo stesso Bersani e il suo governo del cambiamento. L’ex segretario ha sempre detto che non vuole rese dei conti interne, che quei siluri sono stati «missili a testata multipla», di cui non si sentiva lui il target principale. Però sia il premier Letta che Matteo Renzi sono convinti che ci voglia un “reggente” che rimetta insieme il partito e lo traghetti al congresso in autunno. Quella sarà  la vera partita politica, la sfida forse tra Stefano Fassina, Fabrizio Barca, e Renzi che però più che il segretario vorrebbe candidarsi alla prossima premiership. «Se la gara sarà  tra Renzi e Barca, io lavorerò a un terzo candidato», annuncia Bindi.
E per la reggenza spuntano intanto nuovi nomi e altri vengono stoppati. Catiuscia Marini, la “governatrice” dell’Umbria è in pole position, come Guglielmo Epifani, l’ex segretario della Cgil e deputato, ma anche Filippo Bubbico, senatore, uno dei saggi scelti da Napolitano per il programma di governo. «Per la reggenza ci vuole una figura fuori dalle logiche congressuali, non deve cioè avere ambizioni per il dopo», sostiene Gozi. Insomma stop a Fassina, il bersaniano che viene dato tra i più sicuri concorrenti delle prossime primarie. «Se si rafforza il Pd si rafforza il governo», ricorda Nico Stumpo. Comunque, serve «una figura che dia garanzia a tutti, che non sia oggetto di polemiche, di conflitti». Fassina si schermisce: «C’è una discussione ancora in corso su quale funzione debba svolgere il “reggente”», che sarà  una figura di garanzia e «super partes». Una cosa però è certa: «Il Pd come l’abbiamo visto finora è morto – rincara Gozi – si è suicidato, qualcosa di nuovo deve nascere». I vecchi leader avranno poche carte da giocare, perché il ricambio è irreversibile.

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