Sisma in Iran, devastati interi villaggi

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Dopo l’allarme lanciato ieri da Teheran, l’Istituto di studi geologici americano conferma che questa volta l’intensità  tocca i 7,8 gradi della scala Richter. «Il terremoto più grave dell’ultimo mezzo secolo», dicono i commentatori locali. Un dato che preoccupa. In Iran i terremoti sono di casa. La regione è al cuore delle pressioni sotterranee tra placca africana, arabica, europea e anatolica. Forze sempre in tensione tra loro, che periodicamente esplodono in catastrofi gravissime per le popolazioni locali, provocando anche decine di migliaia di morti. L’ultima fu nell’antica città  di Bam, il 26 dicembre 2006, quando le vittime furono almeno 30.000. Nel giugno 1990 toccarono quota 40.000 a Manjil-Rudbar. E la storia racconta di centinaia di migliaia di morti nei primi anni dopo la nascita dell’Islam.
Ma questa volta ci sarebbe un elemento a far sperare per il meglio. «L’epicentro del terremoto si trova nella provincia del Sistan-Balucistan e si estende al Pakistan sudoccidentale. Per fortuna è situato a una profondità  di 95 chilometri. Fattore questo che contribuisce a smorzare l’effetto devastante. In superficie i suoi gradi erano ridotti a quattro», sostiene la televisione iraniana. Risultato: le vittime iraniane potrebbero limitarsi a un’ottantina, mentre nel vicino Pakistan sarebbero una trentina. Pure si tratta di bilanci provvisori. Sono queste regioni remote, difficili da raggiungere per i soccorritori. Non è affatto escluso, come già  avvenuto per circostanze simili nel passato, che il numero dei morti sia destinato a salire. «Ci sono centinaia e centinaia di vittime», ha dichiarato in serata un ufficiale iraniano anonimo citato dalla Reuters.
Il Paese era già  in allarme. Solo il dieci aprile erano morte 37 persone, oltre a 850 feriti, quando la terra aveva tremato a Bushehr, sul Golfo Persico, scatenando grave apprensione per la sorte dell’unica centrale nucleare iraniana causa di antiche polemiche con la comunità  occidentale. Ieri sono dunque stati gli stessi tecnici russi impegnati nel garantire il funzionamento del reattore atomico ad assicurare l’assenza di danni, sebbene questo terremoto sia stato valutato ben 180 volte più grave del precedente.
Le prime scosse arrivano verso le tre e un quarto pomeridiane. «Interessano soprattutto un altopiano desertico e disabitato. Qui molti beduini vivono in tende, o in capanne di fango, col terremoto rischiano poco o nulla», afferma rassicurante l’agenzia stampa di Stato Irna. Comunque c’è panico. La gente scende per le strade nella cittadina di Khash (56.000 abitanti) e in quella di Saravan (58.000). Partono una ventina di squadre di soccorso iraniane per raggiungere i circa 1.700 villaggi sperduti sull’altopiano. Il confine con il Baluchistan pachistano è solo a poche decine di chilometri e anche qui segnalano morti, oltre a «centinaia di abitazioni distrutte», specie nella città  di Mashkel (45.000 abitanti). Ondeggiano comunque anche i palazzi alti negli Emirati del Golfo. La terra trema a Karachi e persino Nuova Deli.
Per il regime il periodo è delicato. Il prossimo 14 giugno si terranno le elezioni presidenziali destinate a trovare un sostituto per Mahmoud Ahmadinejad, alla fine del terzo mandato e per costituzione non più candidabile. È dunque importante dimostrare la solidità  dello Stato. Le televisioni nazionali ripetono che i soccorsi sono già  partiti. Va evitato che il terremoto naturale possa preparare quello politico. Soprattutto va evitato il ripetersi dei gravissimi incidenti che seguirono il voto del 6 giugno 2009. Allora le opposizioni guidate da Hossein Mousawi accusarono Ahmadinejad di brogli. La comunità  internazionale, con Stati Uniti ed Europa in testa, dichiararono che la validità  di quel voto era in grave dubbio. Oggi a quelle possibili tensioni si aggiunge la nuova impasse sulla questione nucleare. E la sanguinosissima guerra civile in Siria vede l’Iran impegnato nel controverso sostengo alla dittatura di Bashar Assad.


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