Stefano Rodotà  battezza la Costituente dei beni comuni

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«Ho lottato tutta la mia vita contro la censura e adesso non posso certo impedire che si faccia il mio nome sui giornali». Passeggiando in direzione del teatro Valle, dov’è atteso per iniziare i lavori della «costituente dei beni comuni», Stefano Rodotà  commenta il titolo de il Manifesto di ieri («Un bene comune») che riporta la notizia della petizione promossa da Ugo Mattei e Carlo Freccero per chiederne l’elezione alla presidenza della Repubblica.
Tra strette di mani, e l’affetto di chi fa la fila per sedersi in uno dei 666 posti del Valle, Rodotà  continua: «Sono sempre stato contrario alla personalizzazione – spiega – parliamo di azione sociale. Ho appena saputo che vogliono privatizzare il teatro di Marcello a Roma, chiuderlo e imporre il biglietto ai turisti. È una nuova sottrazione di un bene comune alla cittadinanza. Ecco la cosa che mi interessa in questo momento: spersonalizzare la battaglia per i beni comuni come facemmo nel 2007 insieme a Ugo Mattei, Eligio Resta, Salvatore Settis nella commissione per la riforma del terzo libro del codice civile. Oggi lo possiamo fare con la costituente dei beni comuni». La costituente intende riprendere i lavori della «commissione Rodotà » che pose le basi giuridiche del vittorioso referendum sull’acqua nel 2011. Da allora si sono moltiplicate le occupazioni dei teatri, cinema o atelier da Milano (Macao) a Roma (Valle, Nuovo Cinema Palazzo, Cinema America), da Pisa (Municipio dei beni comuni e teatro Rossi) a Napoli (ex Asilo Filangieri) a Palermo, Messina e Catania. Oltre al Sale Docks di Venezia, alla costituente parteciperanno anche i movimenti che si battono per la ricostruzione de L’Aquila, oltre alla rete di associazioni che difendono il territorio toscano rappresentati da Alberto Asor Rosa.
Quella proposta al Valle è un’inedita alleanza tra giuristi e i movimenti. Ai parlamentari la costituente ha inviato un pacchetto di sei proposte di legge di cui chiede l’approvazione. Tra l’altro, il pacchetto contiene la proposta di legge popolare sull’acqua votata da 400 mila persone ed è rimasta lettera morta; quella sul reddito minimo che ha raccolto 50 mila firme, una proposta di legge sul fine vita e la riforma dei regolamenti parlamentari per rendere i referendum, le petizioni e le iniziative di leggi popolari un «potere dello stato». L’obiettivo è di formularne altrettante, a stretto contatto con i movimenti territoriali che si muovono sui temi dei beni comuni, dei diritti fondamentali della persona, e dei diritti sociali. L’alleanza tra i movimenti e i giuristi vuole essere un lavoro in presa diretta sulle istituzioni, ma che non si chiude nelle istituzioni. Ugo Mattei e Maria Rosaria Marella, il vicepresidente emerito della Corte costituzionale Paolo Maddalena e il giurista Gaetano Azzariti, sostengono che i beni comuni hanno una portata rivoluzionaria. Mettono in discussione la divisione tra diritto privato e pubblico e la primazia della proprietà  privata nell’ordinamento giuridico vigente. «In quanto formula di successo i beni comuni rischiano di slabbrarsi e diventare altro da sé – ha detto Azzariti – non credo che l’intera Italia sia un bene comune, altrimenti il bene comune non è nulla». L’idea della «costituente» è invece quella di un diritto vivente, espressione di ciò che si muove nella società  e rompe i confini della legalità  per imporre un nuovo criterio di legittimità . «I movimenti sui beni comuni si muovono su un piano di riconosciuta legittimità  – afferma Guido, un attivista del Valle – Noi crediamo che il nuovo diritto sia generato dai conflitti in atto, come dimostrano le occupazioni e la mobilitazione permanente dei cittadini che difendono i loro territori e propongono nuovi modelli di sviluppo e di socialità . I beni comuni devono essere finanziati in funzione di questa utilità  sociale».
Una sfida ambiziosa, al tempo del grillismo come forma telematica della democrazia diretta, condotta nel rispetto della costituzione che, all’articolo 46 che permette a lavoratori e utenti di diventare gestori di servizi. «Oggi è nato un nuovo rapporto tra cittadini, politica e diritto, che bisogna valorizzare», ha concluso Rodotà .
I lavori proseguiranno anche con tavoli di lavoro tematici. Si pensa ad una piattaforma online dove elaborare le proposte. «Non pensiamo più ad una politica dei due tempi: ci sono i movimenti e poi vengono le istituzioni – ha detto Daniela, attivista del Nuovo Cinema Palazzo di Roma – Pensiamo invece ad un nuovo principio, quello dell’autogoverno, per creare nuove istituzioni”. Prossimo appuntamento in Sicilia, dove ci sono tre teatri occupati.


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