“Subito fondi per il welfare e un premio a chi crea posti”

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RIPORTARE il lavoro al centro delle scelte politiche. Non solo con interventi a favore di chi è occupato ma anche privilegiando le aziende che investono in Italia. Ecco le proposte di Susanna Camusso per contrastare la disoccupazione.
La tragedia di Civitanova Marche e le statistiche delle ultime ore dicono che la perdita di lavoro in Italia è diventata un’emergenza. Qual è il quadro che voi della Cgil avete di fronte?
«Abbiamo di fronte il dramma di un Paese in grandissima difficoltà . Per la prima volta da molto tempo le istituzioni non sono in grado di proporre soluzioni alternative alla perdita del lavoro. Anche il sistema dell’assistenza sociale e degli ammortizzatori sociali, è ormai alle corde. A giugno, senza nuovi finanziamenti, la cassa integrazione rischia il collasso».
Quanto serve per evitare i licenziamenti di massa tra due mesi?
«Calcoliamo che sia necessario un miliardo di euro per finanziare la cassa in deroga».
Non una cifra astronomica per il bilancio dello Stato…
«Quando i soldi non ci sono, diventano astronomiche anche cifre molto più basse. È ora che si operi una redistribuzione
dei redditi dalla rendita a quelli da lavoro e da pensione a cominciare dal fiscal drag».
Che cosa accadrà  senza quei soldi?
«Che continuerà  il processo di perdita del lavoro in Italia. Negli ultimi anni abbiamo perso il 20 per cento delle attività  produttive. Perderli vuol dire che sono stati distrutti e che per ricostruirli sarà  necessario uno sforzo enorme, ben superiore a quello necessario a ridare slancio ad aziende che hanno trascorso alcuni mesi in cassa integrazione. Molti dei posti che si perdono oggi rischiano di essere perduti per sempre. E, ormai strutturalmente, il numero dei licenziamenti supera nell’anno quello delle nuove assunzioni».
Ci si può uccidere per la disoccupazione? E voi sindacati non sentite la responsabilità  di non essere riusciti a tutelare chi compie scelte estreme come questa?
«Tragedie come quella di Civitanova o come quelle recenti di Trapani e Perugia, fanno sentire la responsabilità  di non essere riusciti a intervenire prima. Quella di non essere riusciti a spiegare al Paese che si stava rotolando verso queste situazioni drammatiche. È dal 2004 che lanciamo allarmi sul rischio di deindustrializzazione. Siamo stati considerati con sufficienza: ormai, ci dicevano, non è più il lavoro al centro della vita delle persone, ma la capacità  di consumare. Oggi la perdita del lavoro in Italia sembra inarrestabile: una palla che rotola su un piano inclinato, senza ostacoli. Più passa il tempo più pesano i mancati interventi del passato che continuano a essere rinviati E la velocità  della palla aumenta».
Come si ferma quella corsa?
«Nell’immediato salvando i posti che ci sono con la proroga della cassa integrazione. E poi con provvedimenti che premino le aziende che danno lavoro. Se lo Stato non riesce a pagare tutti i crediti verso le imprese, deve privilegiare quelle a maggiore intensità  di lavoro. Per lo stesso motivo bisogna abolire la quota dell’Irap che tassa le aziende in base al numero dei dipendenti».
Ora il governo Monti ha sbloccato una parte dei crediti verso le imprese…
«Ma ci ha messo un anno per farlo. In questo anno si è perso tempo prezioso e si sono distrutti posti di lavoro che forse si sarebbero potuti salvare. Questa è una grave responsabilità ».
Quanto tempo c’è per varare i provvedimenti salva occupazione?
«Molto poco. Le scadenze dei prossimi mesi sono impegnative. Con i pagamenti di Imu, Iva all’orizzonte e la prevedibile stangata di fine anno sulla tassa dei rifiuti, gli interventi per raddrizzare la situazione diventano urgenti».
Lei pensa che queste scadenze siano sentite dalla gente più di quelle della politica, come l’elezione del Capo dello Stato?
«Io credo che ai cittadini interessi molto il futuro delle istituzioni. Ma credo che tutti si dovrebbero fare carico dei problemi posti dalle prime».
Qual è il suo punto di vista sul dibattito interno al Pd?
«Preferisco non entrare nel merito di un confronto che mi sembra ancora di posizionamento. Piuttosto credo che nella sinistra italiana, e non solo nel Pd, si debba riflettere sul fatto che non siamo riusciti a contrastare lo svilimento anche culturale del lavoro. Se io oggi andassi in tv a dire che il mio obiettivo è quello di raggiungere la piena occupazione in Italia, mi prenderebbero per matta».


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