Ue, si allarga il fronte anti-evasione

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DUBLINO — Sono ormai nove i Paesi che aderiscono al progetto di scambio automatico di informazioni bancarie per rafforzare la lotta all’evasione fiscale. E l’Austria è ormai rimasta sola nella difesa ostinata del segreto bancario: una posizione che non potrà  mantenere a lungo e che dovrebbe portare in tempi relativamente rapidi ad una direttiva europea che garantisca lo scambio di informazioni tra le amministrazioni fiscali. Scottata dalla crisi di Cipro, ancora soffocata dalla crisi economica e da un crescente malcontento sociale, l’Europa prende con maggior decisione la strada della lotta all’evasione e porterà  il tema al prossimo G20 di Washington e al prossimo vertice dei capi di governo il 22 maggio.
La lettera inviata dai cinque gradi: Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna e Spagna, in cui si chiedeva alla Commissione di presentare un progetto per lo scambio automatico di informazioni sui depositi bancari dei non residenti, ieri alla riunione informale dei ministri Ecofin a Dublino ha rapidamente ottenuto l’adesione di Polonia, Belgio, Olanda e Romania. La settimana scorsa, poi, il Lussemburgo ha accettato di porre fine al segreto bancario a partire dal 2015. Cade così l’altro baluardo che aveva ostacolato finora tutta la normativa europea in materia di trasparenza delle operazioni bancarie e di lotta all’evasione.
«Quello della trasparenza e dello scambio automatico di informazioni è sempre stato il nostro paradigma: ora si passa dalla parola ai fatti. Non parliamo solo di scambio di informazioni come principio automatico ma siamo impegnati con gli altri Paesi a costruire le infrastrutture tecnologiche necessarie», ha spiegato il ministro dell’economia Vittorio Grilli.
In realtà  i nove Paesi che hanno firmato la lettera, ed altri se ne aggiungeranno nei prossimi giorni, potrebbero lanciare una cooperazione rafforzata per aggirare il veto austriaco, come è già  stato fatto con la Tobin tax. Ma l’obiettivo è invece di mantenere la lotta all’evasione fiscale in sede comunitaria con decisioni condivise da tutti. «Credo che in Europa ci si appresti a decidere in tempi relativamente rapidi di allargare il campo d’azione della direttiva sui risparmi, e che tutti gli stati membri vi prenderanno parte», ha detto il ministro delle Finanze tedesco Schauble. La revisione della direttiva è stata presentata dalla Commissione nel 2008, ma è ferma da cinque anni proprio a causa dei veti posti finora da Austria e Lussemburgo. Fino ad ora Vienna mostra una intransigenza di facciata. «Ci batteremo per difendere il segreto bancario», ha dichiarato ieri la ministra dell’economia austriaca Maria Fekter. Ma il cancelliere Werner Fayman ha già  lasciato intendere che il governo è pronto a negoziare e che potrebbe alla fine togliere il veto. I ministri economici e finanziari riuniti a Dublino sono anche riusciti a fare qualche progresso verso la creazione dell’Unione bancaria. Dopo una discussione molto accesa, la Germania ha finalmente ritirato le riserve sulla decisione di affidare la vigilanza unica alla Bce. Ma ha ottenuto in cambio l’impegno che, appena possibile, la questione sarà  regolamentata con una modifica dei Trattati. Restano invece ancora in alto mare gli altri due pilastri dell’Unione bancaria: il meccanismo comune di risoluzione delle crisi e il fondo comune di garanzia sui depositi. Sul primo
la Germania sembra essere riuscita a far passare la sua linea, che è quella di un coordinamento dei sistemi nazionali piuttosto che la creazione di un meccanismo unico, come chiede la Bce. Quanto al fondo comune, resta bloccato dal veto di Berlino, che non vuol essere chiamata a pagare per il fallimento delle banche negli altri Paesi.


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