by Sergio Segio | 22 Maggio 2013 8:18
Quante vite passano e si incrociano in un aeroporto, nei terminal, nelle file ai check in… e nelle siepi che lo circondano. Diversità bio-logica, diversità di vite già . Eppure relazionarsi con la diversità in ogni sua forma non è affatto semplice per la specie che, come ci ripetiamo per consolarci, è in teoria la più evoluta. Ancor meno è facile farne un punto di forza, uno strumento per progredire, rafforzarsi, crescere.
Qui la natura ha molto da insegnarci, come d’altronde in molte altre circostanze delle nostre esistenze omogenee e omologate. Gli intrecci tra le specie sono calibrati con precisione disarmante, in un equilibrio prezioso di cui ancora evidentemente non ci sono chiare la delicatezza e il valore. Che la molteplicità sia ricchezza non sarà mai assioma scontato e dovremo continuare a ripeterlo per molto ancora pare. Il numero e la diversità di organismi e di specie viventi che rendono possibile la vita sulla terra è ciò che basterebbe tenere a mente per considerare ogni differenza come un miglioramento in potenza, come parte di un’armonia perfetta. Come un gioiello da custodire. Il che non significa solamente proteggere la bellezza dei colori, delle forme, degli odori. Preservare la biodiversità [1] significa guardare oltre questo orizzonte e considerarla, senza mezzi termini, fondamentale per la vita sulla terra.
La tutela della biodiversità occupa da qualche anno un posto centrale nel dibattito internazionale in tema di ambiente, ed è uno dei principali ambiti monitorati dalla politica – anche se, almeno per quanta riguarda l’Unione Europea, non sempre con la dovuta lungimiranza. Lo dimostra la recente proposta di legge della Commissione sulla commercializzazione delle sementi[2], un documento volto in teoria a definire un pacchetto di misure[3] per rafforzare gli standard di sicurezza in tutta la catena alimentare, ma che di fatto, come ben sottolinea Slow Food[4] (che assieme ad altre associazioni ha sottoscritto un appello per modificarne alcuni passaggi sostanziali), risulta essere molto più vicino a compromettere non solo la biodiversità , ma anche la salute dei consumatori e l’indipendenza dei coltivatori. Cary Fowler[5], un “biodiversity warrior” che persegue azioni di lobbying nei confronti di governi poco responsabili, tiene alta da anni l’attenzione sui traffici trasversali e sovranazionali che ruotano attorno agli OGM[6]. Prospetta con molto realismo disastri di proporzioni impensabili, in un futuro non troppo remoto, se non si corregge la rotta, preservando la diversità , seme dopo seme, come unica arma contro le minacce onnipresenti delle malattie, del cambiamento climatico e delle carestie. “Perdere la diversità in agricoltura non è assimilabile a perdere le chiavi della propria macchina. Perdere la biodiversità è come aver perso i dinosauri. Non ci sono più e non li vedremo mai più in assoluto”.
Tutelare la diversità in ogni sua forma, dunque, significa anche e soprattutto centrare l’attenzione su quel contributo fondamentale al benessere umano e allo sviluppo economico che deriva dalla produzione di alimenti e materie prime, dai ritmi e dai cicli della natura, dall’acqua, dal suolo, dalle piante, dallo smaltimento e dal riassorbimento degli scarti. Perdere la biodiversità sarebbe una catastrofe delocalizzata. Siamo inestricabilmente collegati gli uni agli altri in una catena che, se si spezza in un punto, ha come inevitabile conseguenza quella di sciogliere presto o tardi il disegno intessuto. Magari non subito, “non ora non qui” citando Erri De Luca, ma l’esito è certo – e peggio ancora previsto. Perché allora non investire sulla capacità di fornire risorse e di valorizzare la resilienza dei cicli naturali alle alterazioni e agli inquinamenti[7] di cui inevitabilmente siamo complici?
Viviamo in un mondo dove la diversità , da sempre e in ogni ambito, regna sovrana e ci sovrasta, nonostante gli svariati tentativi che nei corsi e ricorsi storici goffamente si propongono di “ordinare” il mondo secondo logiche ad esso estranee.
Oggi è il 22 maggio, giornata mondiale della biodiversità [8] istituita dalle Nazioni Unite nel 1993 per sensibilizzare e accrescere la consapevolezza su un argomento importante e delicato. Il focus di quest’anno è l’acqua[9], tema scelto in coincidenza con l’anno internazionale della cooperazione nel settore idrico. Ma l’acqua è condizione per la vita sulla terra e in questi giorni di violenti nubifragi ancor più dovremmo riflettere sugli innumerevoli fattori che condizionano il cambiamento climatico e che quasi mai consideriamo come cause concatenate agli effetti che subiamo passivamente, esclamando distrattamente, ancora una volta, “Anche oggi piove!”.
Oggi però il mio desiderio è che sia un giorno come un altro. Un giorno in cui la tutela dell’ambiente (ovvero di tutti gli esseri che nelle più svariate forme e modalità lo abitano e lo rendono vivo) sia una priorità che l’umanità si pone in quanto portatrice di responsabilità specifiche. È imprescindibile, se vogliamo continuare a esprimerci, a costruirci identità , ad avere la possibilità di scegliere. In una parola, a esistere.
Anna Molinari[10]
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