Bonino: l’Europa sbaglia sulla Siria

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BRUXELLES — Il Consiglio dei ministri degli Esteri della Ue, poco prima della mezzanotte di lunedì, ha faticosamente raggiunto un compromesso sulla fine dell’embargo nella vendita di armi ai ribelli siriani anti Assad. Ma il testo diffuso a Bruxelles dalla responsabile Esteri Ue, la britannica Catherine Ashton, ha sollevato critiche e preoccupazioni in relazione all’evoluzione del conflitto in Siria, che in due anni ha già  provocato molte decine di migliaia di morti e masse enormi di profughi. Il ministro degli Esteri Emma Bonino ha criticato soprattutto la mancata posizione comune e il rinvio alle decisioni dei singoli Paesi membri sulla vendita di materiale bellico agli oppositori al regime di Damasco. «Non mi pare sia stato un momento glorioso per l’Europa — ha affermato Bonino — perché la tentazione di rinazionalizzare certe competenze, che erano nel quadro europeo, è stata evidente. Non solo da parte di chi voleva il superamento dell’embargo, ma anche vista la rigidità  dell’altro schieramento».
Il compromesso prevede alcune limitazioni di garanzia comuni. Tra queste, l’impegno a non iniziare le forniture di armi prima di aver tentato una revisione dell’accordo — entro il 1° agosto prossimo — è stato già  messo in discussione dal Regno Unito e dalla Francia. A Londra e a Parigi hanno interpretato quella data — evidenziata nel testo finale — come un impegno politico non vincolante, pur confermando di non avere intenzione di vendere subito materiale bellico in Siria.
La Russia, che appoggia il regime di Assad, ha espresso contrarietà  per la decisione della Ue, accusandola di non favorire il tentativo del Cremlino e della Casa Bianca di organizzare una conferenza di pace per il mese prossimo a Ginevra, dove si tenterebbe di trovare una soluzione diplomatica per la Siria. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, che ha incontrato lunedì scorso a Parigi il segretario di Stato Usa John Kerry proprio per concordare l’incontro in Svizzera tra Assad e l’opposizione, ha giudicato il compromesso di Bruxelles «contrario a tutte le norme del diritto internazionale». Da Mosca hanno replicato anche annunciando una fornitura ad Assad di missili anti-aerei come misura di riequilibrio, annuncio che ha subito allarmato Israele. Perfino i ribelli siriani, dopo aver ricevuto la visita del senatore repubblicano Usa John McCain, si sono detti «delusi» per la decisione Ue ritenuta insufficiente e «tardiva».
Nel mirino è finita ancora una volta Ashton, che non è riuscita ad avvicinare le parti contrapposte. «A me non piace fare lo scaricabarile — ha commentato Bonino —. Ma presentare solo opzioni e non una proposta su cui lavorare non aiuta ad arrivare a una conclusione». La numero uno della Farnesina ha criticato anche «i Paesi più rigidi», come il Regno Unito, che ha guidato il fronte anti embargo, e l’Austria, che ha sostenuto la linea della pace a oltranza, per non aver dimostrato «più senso di responsabilità  comune europeo». Bonino ha chiarito che proporrà  al suo premier e al ministro della Difesa il «no» dell’Italia alla vendita di armi in Siria e che sulla conferenza di pace a Ginevra esistono «ancora parecchi problemi da superare».
Gli Stati Uniti, pur non disponibili a inviare armi ai ribelli siriani, hanno approvato la decisione della Ue come segnale di appoggio all’opposizione. E secondo il Daily Beast, che cita due fonti dell’amministrazione Usa, Obama avrebbe chiesto al Pentagono di preparare i piani per creare la no-fly zone, già  alla vigilia del viaggio di Kerry in Medio Oriente.
Il ministro degli Esteri britannico Hague ha esultato perché il compromesso consente a Regno Unito e Francia di fornire armamenti nonostante la larga maggioranza contraria. L’Austria e molti altri membri Ue ritengono che la Ue non debba favorire azioni di guerra, tra l’altro dopo aver ricevuto il premio Nobel per la Pace. Emerge poi il timore che le armi possano finire all’estremismo islamico. Hague ha comunque promesso di attendere fiducioso la conferenza di Ginevra perché considera la fine dell’embargo Ue «un segnale forte e chiaro» al regime di Damasco.


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