Caccia ai sunniti casa per casa La strage delle squadre assassine

Loading

GERUSALEMME — La gente scappa dai villaggi sulla costa, cerca rifugio sulle montagne, tra le mura dove vivono altri sunniti. I militari siriani rimandano indietro le famiglie, «è tutto a posto» assicurano, le stesse garanzie arrivano dagli altoparlanti dalle moschee: «Tornate alle vostre case».
I soldati che adesso dicono «va tutto bene» indossano le stesse divise di quelli che appaiono in piedi tra i cadaveri, corpi di uomini in abiti civili, senza armi attorno, la maglietta bianca tirata sul volto, prima dell’esecuzione, allineati contro un muro, il sangue che scivola sulla strada in discesa. È il villaggio di Bayda dove giovedì sarebbero stati ammazzati — calcolano gli attivisti — almeno cinquanta abitanti. «Mio zio e mia zia sono stati pugnalati allo stomaco, ai tre figli hanno tagliato la gola», racconta una donna al quotidiano britannico Daily Telegraph. «Giovedì pomeriggio — ricostruisce un altro testimone — sono arrivati e hanno cominciato il rastrellamento, hanno raggruppato chi trovavano nella piazza principale, massacrati a calci e pietre».
L’operazione di pulizia etnica sarebbe stata compiuta dalle squadracce paramilitari con l’appoggio dell’esercito. I miliziani alauiti sembrano aver pianificato di cacciare dalle aree lungo il Mediterraneo — dove sono maggioranza, ma nel Paese rappresentano solo il 12 per cento — i sunniti: vogliono creare una zona sotto il controllo del regime che vada dal mare fino alla capitale Damasco. Dove il presidente Bashar Assad ha passato la mattinata di ieri all’università , ci ha studiato medicina: è la seconda apparizione pubblica in quattro giorni, questa volta per deporre una lapide in memoria degli studenti morti negli oltre due anni di rivolta contro lui e il suo clan alauita. Che quei ragazzi potessero stare dalla parte dei ribelli o che siano stati uccisi dai bombardamenti delle truppe regolari l’iscrizione sulla pietra neppure lo immagina.
Nelle stesse ore della celebrazione presidenziale vengono diffusi su Internet i video girati in un quartiere di Baniyas, altra città  sulla costa, non lontano da Bayda. La luce del telefonino illumina i corpi di donne e bambini, sgozzati in casa, seduti sui letti, ammucchiati sul divano. L’Osservatorio siriano per i diritti umani, con base a Londra, denuncia 62 morti, potrebbero essere molti di più.
I portavoce del Dipartimento di Stato dicono che gli americani sono «inorriditi» dalle immagini. Gli Stati Uniti stanno ancora discutendo di un possibile intervento militare, Barack Obama dalla Costa Rica conferma di non volere inviare soldati sul terreno. Washington sembra preferire a questo punto una strategia di bombardamenti che colpiscano l’aviazione e le batterie di missili. Anche perché gli israeliani continuano a dimostrare che sarebbe possibile attaccare dal cielo e con le loro sortite vogliono applicare pressione sulle decisioni del presidente americano.
Nella notte tra giovedì e venerdì i jet di Tsahal hanno colpito — rivelano fonti dell’intelligence americana alla Cnn — un convoglio di missili che stava per essere trasferito ad Hezbollah, il movimento sciita libanese filo-Assad e filo-iraniano. Il raid sarebbe stato eseguito da sopra il Libano, senza violare lo spazio aereo siriano.
A fine gennaio un’altra missione dell’aviazione aveva bersagliato un carico di missili anti-aerei SA17, armamenti che gli israeliani vogliono impedire arrivino ad Hezbollah ancor più delle armi chimiche. Perché — come ha spiegato Amos Gilad, consigliere al ministero della Difesa — «al gruppo sciita non interessano. Preferiscono sistemi con cui possano colpire tutta Israele ed è a quelli che diamo la caccia».


Related Articles

Gaza. Giorno di sangue Vecchi e bambini tra le 100 vittime

Loading

Gaza. Le forze israeliane perdono 13 militari Hamas annuncia la cattura di un soldato

Chi lo ha ucciso? «È stato un ragazzo con una calibro 9»

Loading

La prima versione corretta in modo frettoloso «Morto durante uno scontro coi fedelissimi»

Elezioni in Israele, al centro la questione insediamenti

Loading

  Insediamenti israeliani, una pace apparente – Foto: baruda.net

Nell’abituale esplosivo contesto medio orientale si stanno per svolgere le elezioni in Israele, previste per il 22 gennaio prossimo. Non si attendono grandi sorprese in quanto la maggioranza di destra di Netanyahu, cementata dall’unificazione con il “partito dei russi” del ministro degli esteri Lieberman, è saldamente in testa in ogni tipo di rilevazione e sembra venire incontro ai bisogni ma soprattutto alle paure di buona parte della società  israeliana, almeno come la vediamo oggi.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment