Contratti di solidarietà  e cassa in deroga, ecco i fondi

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ROMA — Lavorare meno ma lavorare ancora. Il decreto legge approvato ieri sblocca i fondi per i contratti di solidarietà . Una cifra simbolica, 57 milioni di euro. Ma non è un caso che il Consiglio dei ministri abbia deciso di infilarla nello stesso provvedimento che stanzia il secondo miliardo di euro per la cassa integrazione in deroga. Per aiutare i lavoratori delle imprese in difficoltà , l’idea del governo è di dare più peso proprio ai contratti di solidarietà  rispetto allo schema classico della cassa integrazione. E non è una differenza soltanto tecnica. Con la cassa si resta a casa, molto spesso fino alla chiusura definitiva dell’azienda. Con la solidarietà , invece, si continua a lavorare ma per meno ore e con uno stipendio più basso.
«Si ridistribuisce il minor carico che viene dalla riduzione dell’attività  produttiva — dice il ministro del Lavoro Enrico Giovannini —, tenendo però le persone attive». Lavorare meno ma lavorare ancora. Con una decrescita, se non felice, almeno non troppo infelice. Ma non ci sono solo le preoccupazioni per la tenuta sociale del Paese, dietro la scelta del governo. In realtà  anche la cassa integrazione può essere fatta a rotazione, spalmando in qualche modo i sacrifici su tutti. Ma in generale le procedure per la cassa sono complesse, il meccanismo si presta più facilmente a qualche forzatura. Dopo il monitoraggio sull’impiego dei fondi avviato nei mesi scorsi dall’Inps, il governo si prepara a riscrivere le regole. Anche perché, arrivati ormai al quinto anno di recessione, i soldi rischiano di non bastare mai. Gli assessori regionali al Lavoro dicono che già  adesso sono arrivate richieste per 2,4 miliardi. Più di quanto disponibile e non siamo ancora a metà  anno. Una corsa che rischia di rubare risorse ad altri capitoli. Il miliardo stanziato ieri viene dal meccanismo che dovrebbe premiare la produttività , anche se il governo promette che i fondi saranno reintegrati, dalla formazione professionale, dai fondi europei per il Mezzogiorno, da quelli usati per le emergenze e da altre voci ancora.
Non ci sono, invece, i 600 mila euro frutto del taglio degli stipendi dei ministri parlamentari. Una cifra che il premier Enrico Letta aveva detto sarebbe andata a «copertura simbolica per gli strumenti di tutela di chi perde il lavoro». Ma che alla fine è stata destinata a finanziare la sospensione dell’Imu. «Rimane la scelta di prendere soldi dal lavoro, da altre fonti che in questo momento sono essenziali» dice il segretario della Cgil Susanna Camusso.
Il decreto approvato ieri sposta dal 31 luglio di quest’anno alla fine del 2013 la scadenza dei contratti per i 110 mila precari della pubblica amministrazione. Non una proroga automatica ma una possibilità . Le singole amministrazioni dovranno avere in cassa i soldi necessari. E non è affatto scontato.


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