Dopo le elezioni, la crisi politica nelle mani della Corte suprema

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Capriles considera illegittimi i risultati delle presidenziali del 14 aprile, in cui ha perso con poco margine (1,49% dei voti) nei confronti di Nicolas Maduro, il candidato socialista eletto dopo la morte di Hugo Chà¡vez (il 5 marzo). La Mud ha presentato ricorso al Tsj senza aspettare i risultati dell’«auditoria», il controllo del 46% delle urne, deciso dal Consiglio nazionale elettorale (Cne) su richiesta di Capriles, in corso da dieci giorni. L’opposizione avrebbe voluto ricontare manualmente tutti i voti: una richiesta pretestuosa, impossibile in base alla Costituzione venezuelana, che prevede il ricorso a un sistema elettorale completamente automatizzato, considerato inattaccabile da tutti gli osservatori internazionali. Capriles ha perciò deciso di non riconoscere l’autorità  del Cne e di disertare anche «l’auditoria», seguita da diverse organizzazioni della società  civile.
Con lo stesso sistema, Capriles è stato riconfermato governatore del ricco stato di Miranda, il 16 dicembre 2012, con appena pochi punti di differenza sull’attuale ministro degli Esteri Elias Jaua, ma allora non si è sognato di protestare. Né il suo avversario ha rivendicato alcuna verifica. Questa volta, però, è diverso. Dopo la morte di Chà¡vez, la destra sta tentando il tutto per tutto per farla finita col «socialismo bolivariano» e ha deciso di puntare sul quarantenne governatore, fondatore del partito Primero Justicia. Fin dall’inizio di una campagna elettorale-lampo, segnata dalla scomparsa del leader che ha guidato il paese per 14 anni, il chavismo ha denunciato i piani destabilizzanti della destra per invalidare le elezioni e scatenare una guerra civile nel paese. E infatti, ancor prima di conoscere i risultati elettorali, Capriles ha gridato alla frode, ha chiesto l’annullamento delle elezioni e ha invitato i suoi allo scontro. Le violenze postelettorali hanno provocato morti, feriti e devastazioni. Particolarmente colpite le sedi del Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) e i Centri diagnostici integrati dei quartieri popolari, dove lavorano i medici cubani delle Misiones, accusati dalla destra di aver nascosto urne trafugate. L’undicesima vittima chavista, un ragazzo rimasto in coma da allora, è stata sepolta in questi giorni come «eroe della rivoluzione». Diverse organizzazioni sociali hanno presentato denunce presso gli organismi internazionali, ma anche la destra confida su solidi agganci, dentro e fuori dal paese. Se il Tsj rigetta il suo ricorso, Capriles intende rivolgersi ad altre «istanze internazionali». Se la decisione gli è invece favorevole, si dovrà  attendere circa tre o quattro mesi, durante i quali la destra si sentirà  rafforzata nel chiedere nuove elezioni o un referendum revocatorio, come tentò a suo tempo con Chà¡vez, e fu sconfitta: «Maduro è solo un ex operaio dei trasporti, non può dirigere uno stato», ha dichiarato Capriles sintetizzando gli interessi del campo a cui appartiene.
Maduro, intanto, sta continuando il suo «governo di strada», mentre si moltiplicano le ispezioni alle imprese che non rispettano la nuova legge sulla sicurezza del lavoro e la riduzione di orario: a sei ore quotidiane (e a non più di 8) e a un massimo di 40 settimanali.


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