È tornata l’America del lavoro Wall Street record traina le Borse

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NEW YORK — L’economia americana aggiunge altri 165.000 posti di lavoro in un mese. Il tasso di disoccupazione scende ai minimi dal 2008, l’anno zero della crisi. Il Dow Jones festeggia toccando il massimo di tutti i tempi a 15.000 punti e anche l’indice Standard & Poor’s 500 segna un nuovo record. La locomotiva Usa si conferma in ripresa ma Obama ammonisce il Congresso: «Non è il momento di abbassare la guardia, no ai tagli indiscriminati nella spesa pubblica». E per la prima volta dal 2007 l’America inizia a ridurre il suo debito pubblico, in calo netto di 35 miliardi nel secondo trimestre. E’ un dato che convalida la “dottrina Obama”: non è l’austerity a risanare i conti pubblici bensì la crescita. L’America che aveva osato spingere il suo rapporto deficit/Pil oltre il 10% (un’eresia per i rigoristi europei) ora grazie alla ripresa che gonfia le entrate fiscali sta aggiustando anche la finanza pubblica.
Il dato di aprile sul mercato del lavoro è festeggiato dai mercati perché segna un cessato allarme. A marzo il ritmo di creazione di nuovi posti di lavoro aveva subito una frenata, appena 88.000 posti. In realtà  quel numero è stato rivisto ex post, il bilancio aggiornato è più roseo anche per marzo con 138.000 assunzioni aggiuntive (saldo netto positivo, cioè dopo aver sottratto i licenziamenti); mentre a febbraio la crescita di posti di lavoro fu di 332.000. Ora il rallentamento appare meno
marcato, la velocità  di crociera dell’economia americana è rispettabile. Appare perfino eccellente se paragonata all’Europa; molto meno se invece il confronto viene fatto con la storia passata degli Stati Uniti: dopo le recessioni, in genere i rimbalzi all’insù erano ancora più vigorosi.
Un elemento che attenua il dato positivo di aprile riguarda la qualità  dei posti di lavoro. Molte assunzioni avvengono in mansioni poco qualificate e poco remunerate. La grande distribuzione ha assunto 29.000 commessi, il settore alberghiero e della ristorazione ha reclutato 43.000 nuovi addetti, le società  che assumono mano d’opera temporanea hanno assunto 30.000 persone. Tuttavia questa crescita del lavoro nei mestieri meno remunerati ha un aspetto benefico perché compensa uno squilibrio: chi ha un titolo di studio più basso finora è stato penalizzato ben più duramente al momento dell’ondata dei licenziamenti. A riprova, non esiste una disoccupazione intellettuale visto che i laureati senza lavoro sono appena il 3,9%.
Il tasso di disoccupazione complessivo è sceso al 7,5% che è il punto più basso dal dicembre 2008, cioè dall’epoca in cui il crac di Lehman Brothers aveva precipitato nel collasso la finanza e poi via via tutta l’economia reale. Finalmente diminuisce anche la disoccupazione a lungo termine: coloro che sono senza lavoro da più di sei mesi sono diminuiti di 258.000 unità . Restano pur sempre 4,4 milioni. Il totale dei disoccupati
è sceso di 83.000 unità , a 11.659.000. Anche quest’ultima cifra però fa riflettere: l’eredità  negativa della recessione è pesante, il numero dei senza lavoro è ancora considerevole. Questo giustifica l’appello di Obama, impegnato in un braccio di ferro con i repubblicani della Camera per impedire che i tagli di spesa automatici rallentino questa ripresa. In effetti il settore statale continua ad essere un elemento frenante: ad aprile ha licenziato 11.000 persone.
Se si prescinde dal confronto con l’Europa che fa apparire la situazione americana in una luce rosea, i giudizi su questa ripresa sono cauti. Il ritmo di creazione di posti corrisponde grosso modo alla crescita demografica naturale (che in America è sempre positiva, soprattutto grazie all’immigrazione). Di conseguenza l’economia reale assorbe il sovrappiù di forza lavoro che si sta creando, ma non recupera abbastanza rapidamente i disoccupati che hanno perso il posto durante la crisi. Un dato importante è il rapporto tra occupati e popolazione: attualmente il 58,6%. E’ quattro punti percentuali al di sotto del valore pre-recessione. Questo significa che mancano all’appello dieci milioni di lavoratori.
Molti di questi non appaiono nelle statistiche ufficiali sulla disoccupazione perché sono gli “scoraggiati”. Il tasso di disoccupazione rileva solo coloro che cercano attivamente un posto, chi rinuncia scompare dalle statistiche. Un certo declino del tasso di attività  era previsto da tempo, perché le popolose generazioni dei baby-boomer si stanno affacciando all’età  della pensione. Ma quelle previsioni hanno fatto cilecca. Oggi anche i più anziani dei baby-boomer (67 anni) stanno ritardando l’andata in pensione, nella misura del possibile. La riduzione del tasso di attività  non colpisce tanto gli over-50 e gli over-60, bensì i giovanissimi.
I mercati hanno comunque reagito con euforia, perché il dato di aprile è stato migliore delle loro aspettative. Si aggiunge a un altro fattore importante, la ripresa generalizzata del valore delle abitazioni, che sostiene il potere d’acquisto delle famiglie. Per tranquillizzare chi teme una nuova bolla di Borsa, gli esperti fanno notare che il Nasdaq (listino hi-tech) non ha ancora ritrovato le punte folli dell’anno 2000, l’apice della bolla tecnologica.


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