Giappone, il primo ministro rifiuta di trasferirsi

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PECHINO. Un fantasma si aggira nel cielo del Giappone. Non è quello, risultato sconfitto, che turbava il sonno del Novecento in Europa. Questo spettro conserva però il potere di tenere lontano da casa quello che la finanza internazionale acclama come il leader più coraggioso della contemporaneità . Per la stampa nipponica, vero o falso che sia, è già  un caso, tale da scatenare anche l’ironia dell’opposizione democratica, crollata alle elezioni anticipate
di dicembre.
Il premier conservatore, ideologo dell’Abenomics, capace del miracolo di arrestare la più lunga recessione degli ultimi vent’anni nel Sol Levante, da sei mesi rifiuterebbe di trasferirsi nella residenza riservata al cancelliere, perché convinto sia infestata dai fantasmi. Lui nega ma la notizia ha fatto rapidamente il giro del Giappone. In qualsiasi superpotenza occidentale un primo ministro condizionato dagli spettri, oltre che interessare i servizi sanitari, farebbe crollare i mercati. Nel Giappone innamorato dei manga, le “presenze” che prima di essere un’espressione artistica nobilitata da uno straordinario museo sono uno stato profondo dell’anima, uno Shinzo Abe condizionato dal soprannaturale suscita invece, oltre che scetticismo, una curiosità  intrisa di nazionalistica simpatia. Sui media, da giorni, è però stata eletta a questione politica e se ne parla più dei sogni di ripresa, o del rischio di un crollo della Borsa.
Il premier, prima di Natale, aveva annunciato che nel giro di una settimana si sarebbe trasferito, con la famiglia, nella villa in mattoni rossi a pochi passi dal palazzo imperiale, nel cuore di Tokyo. È poi cominciato il valzer dei rinvii, giustificato prima con esigenze di ristrutturazione, poi di contenimento dei costi, infine con nulla. Si è riaffacciato così sulla capitale l’antico spettro che da decenni perseguita la cancelleria, teatro nel dopoguerra di due tentati colpi di Stati sventati nel sangue. I precedenti non mancano. Diverse first lady, a partire dalla moglie di Junichiro Koizumi, si sono tenute alla larga dalla residenza costruita negli anni Trenta in stile britannico su cui incombono sinistre leggende. Lo stesso Koizumi, incalzato sull’argomento, si limitò a sorridere: «Non ho mai avuto l’onore di incontrare un fantasma nei miei uffici — disse — ma vederne uno mi avrebbe fatto piacere». Il particolare per il Giappone è cruciale al punto che la cancelleria è stata costretta a smentire che Abe sia ossessionato dalle “presenze”. La tivù di Stato ha addirittura lanciato un sondaggio per sapere se nel Paese esiste una maggioranza che crede negli spettri, mentre l’opposizione ha sottoscritto una lettera aperta in cui chiede un «pronunciamento esplicito e diretto» di Abe sull’argomento, al cospetto della Dieta.
L’entourage del premier sottolinea che i fantasmi e il mancato trasferimento nella residenza ufficiale «non sono in relazione», ma non si pronuncia sulla fede del leader nelle “presenze”. I commentatori nipponici osservano così che a tenere lontano Abe dalla “villa maledetta” non siano gli spettri, ma la convinzione che quei muri portino semplicemente sfortuna. In meno di quattro anni la residenza ha bruciato quattro premier democratici e da Koizumi in poi l’instabilità  di governo è diventata la condanna della terza economia mondiale. Shinzo Abe così preferisce per ora restare a casa sua, tra gli avi benigni del focolare di famiglia. Ai fantasmi non ci crede, ma non si sa mai: e con l’Abenomics al decollo non può certo permettersi di sfidare, oltre al rigore, anche uno spiritello in vena di sgambetti.


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