I voti di imprenditori e partite Iva conquistati da due renziani veneti

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Il Fattore G come Gentilini almeno al primo turno non ha funzionato. Il giovane candidato del Pd Giovanni Manildo non solo è in testa ma ha staccato il sindaco sceriffo di ben 11 punti. Per capire la portata della novità  basta ricordare come Gentilini avesse vinto già  due volte le comunali di Treviso e avesse ottenuto un terzo successo per interposta persona, Gian Paolo Gobbo, cinque anni fa. Il tutto equivale a venti anni di dominio incontrastato su una città  che per la Lega del Veneto è come Varese in Lombardia, visto che oltre alla straordinaria striscia di vittorie di Gentilini la Marca ha espresso Luca Zaia, prima come presidente della Provincia e poi come governatore del Veneto.
Per il Carroccio anche Vicenza ieri è stata amara. Il sindaco uscente Achille Variati ce l’ha fatta addirittura al primo turno staccando di 30 punti Manuela Dal Lago, anch’essa un candidato leghista di prima fila. Entrambi, Manildo e Variati, sono renziani anche se con storie e curriculum molto diversi ma sicuramente il loro posizionamento ha favorito in qualche modo l’attrazione di un voto moderato che in Veneto si è tenuto storicamente lontano dalle liste del centrosinistra.
Per la Lega, dunque, le sconfitte di Gentilini e Dal Lago equivalgono ad altrettanti sonori schiaffoni presi nelle due città  del Veneto dove la composizione sociale è incardinata sulla piccola impresa e le partite Iva. I Piccoli, dunque, che alle Regionali avevano decretato il successo di Zaia e che alle ultime politiche avevano gonfiato le vele del Movimento 5 Stelle hanno voltato per la seconda volta di seguito le spalle alla Lega. Magari avranno preferito astenersi, ma è certo che di fronte ai colpi delle crisi aziendali (solo nel Trevigiano ne sono aperte 32) e ai rischi che non ci siano i soldi per rifinanziare la cassa integrazione, il blocco dei produttori non guardi ai leghisti, non dia più peso agli appelli federalisti e non creda nemmeno più alle tirate contro l’immigrazione che avevano contribuito al boom di Gentilini. Non va dimenticato che Treviso è stata la città  italiana nella quale con maggior convinzione si è celebrato un Primo Maggio unitario con un palco di sindacalisti e di rappresentanti dell’Unione Industriale e degli artigiani. Aggiungiamoci pure che i leghisti in Veneto sono fieramente divisi tra seguaci di Tosi e supporter di Zaia e il quadro risulta ancora più chiaro.
Dopo i successi alle Politiche di Grillo si è sgonfiata anche la forza dei 5 Stelle. È stato già  detto che mentre i primi comizi erano stati molto partecipati, nelle più recenti uscite a Treviso e Vicenza il comico genovese non aveva fatto il pieno. Anche il movimento di piccoli industriali che si era fatto avanti come forza collaterale sotto la guida di Colomban non sembra aver pesato in questa occasione. Grillo a un certo momento aveva intuito che l’elettorato di destra lo stava lasciando e con un paio di sortite sullo ius soli e sul picconatore di Milano Niguarda aveva cercato un recupero. L’operazione non è riuscita e il bottino dei 5 Stelle è rimasto ancorato attorno al 6%.
Se il dato veneto sembra univoco più articolato è il risultato dei principali centri della Lombardia. Il sindaco uscente di Brescia, il ciellino Adriano Paroli, che cinque anni fa aveva vinto al primo turno questa volta dovrà  andare al ballottaggio. Il centrosinistra ha recuperato terreno con il candidato Emilio Del Bono che è riuscito a chiudere il primo turno testa a testa con Paroli nonostante che il suo avversario avesse schierato in campagna elettorale nientemeno che Silvio Berlusconi. Brescia, una delle capitali del manifatturiero italiano, vive una crisi profonda che scuote la sua stessa identità . A Sondrio il centrosinistra ha vinto ancora una volta riportando in Comune per il quarto mandato il medico Alcide Molteni. Anche in questo caso la Lega che voleva riconquistare Sondrio ha fatto flop, il suo candidato Lorenzo Gallo della Berta è rimasto intorno all’8% mentre Mario Saverio Fiumanò (Pdl) non è riuscito a toccare il 30%. A Lodi il centrosinistra non è riuscito a ripetere la performance del 2010 quando aveva preso il Comune al primo turno, il nuovo candidato Simone Uggetti è in testa ma dovrà  andare al ballottaggio con Giuliana Cuminetti del centrodestra. I risultati però sono così differenti che è difficile trarne una valenza politica generale, tranne il fatto che non sembra esserci stato un effetto-Maroni legato al recente cambio al vertice della Regione Lombardia.
Ovviamente bisognerà  attendere i ballottaggi ma il centrosinistra è alla testa di quasi tutte le città  più importanti del Nord (Torino, Milano, Bologna, Genova, Trieste, Venezia, Padova) e ora potrebbe aggiungervi Treviso e Brescia. Si conferma così come un partito a vocazione metropolitana che però arranca nei centri minori e nelle valli, soprattutto quanto si vota per le Politiche e non per le Amministrative.


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