Lavoro, un mese solo ti vorrei

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Il contratto a tempo indeterminato è poco più di un0mbra bel mondo del lavoro. Mentre crescono a dismisura i contrattini con durata massima di un mese. Questo è il risultato del sondaggio sul mercato del lavoro operato dall’Isfol a 11 mesi dall’approvazione della riforma Fornero. Dopo una lunga attesa fatta di annunci e di dati parziali che hanno generato confusione e aumentato l’apprensione durante le settimane di interregno dopo le elezioni politiche di febbraio, il rappporto è stato finalmente presentato. Con l’arrivo del nuovo governo, e di Enrico Giovanni al ministero del lavoro che ha confermato l’intenzione di modificare la riforma Fornero «in maniera limitata e puntuale», oggi è finalmente possibile farsi un’idea sull’impatto che essa ha avuto sul mercato del lavoro. L’indagine è stata condotta in base al sistema delle comunicazioni obbligatorie e ha analizzato i mesi successivi all’approvazione della legge fino a dicembre 2012. I ricercatori dell’Isfol precisano che i dati si riferiscono i flussi e gli eventi legati al comportamento della domanda del lavoro e non alla posizione occupazionale dei lavoratori. In attesa di un monitoraggio più preciso, è comunque possibile articolare un ragionamento sugli effetti della riforma.
Giovannini ieri sembrava soddisfatto da una lettura parziale del rapporto che, a suo avviso, confermerebbe la positività  della riforma sull’occupazione. Negli ultimi mesi del 2012 è stato registrato un aumento del 3,7% dei contratti a tempo determinato (tra i 4 e i 12 mesi) e una riduzione dei contratti di collaborazione (-9,2% su base congiunturale) e del lavoro intermittente (-22,1%). A questa notizia ha reagito favorevolmente il presidente della commissione lavoro del Senato Maurizio Sacconi, ex ministro Pdl, che ha confermato la lettura ufficiale dei dati del governo Letta e della sua «strana maggioranza». Per l’Isfol questo andamento positivo è dovuto alla riforma Fornero che ha posto vincoli contro l’abuso dei cococo e del lavoro intermittente.
In più c’è da segnalare la stabilizzazione delle assunzioni con l’apprendistato che sono aumentate del 5,2% a partire dall’agosto scorso. Su questo contratto il governo Letta ci punta molto visto che è tornato al livello del 2011 dopo il crollo tra il secondo e il terzo trimestre 2012 pari al 12% e al 4,4%. I dati confermano un ulteriore elemento dell’apprendistato all’italiana. Disaggregandoli per età , emerge il singolare caso del le imprese che non assumono apprendisti nella naturale fascia di età  compresa tra i 15 e i 19 anni, ma si rivolgono a persone di età  superiore, in ossequio della riforma Fornero che ammette la possibilità  di essere apprendisti fino a 29 anni.
Fino a qui tutto bene, almeno per un governo assetato di buone notizie che lo portano ad escludere stravolgimenti di una riforma disorganica e pasticciata. Solo che l’Isfol ha delineato tutt’altro scenario. A partire dalla tipologia del lavoro determinato che le imprese hanno usato negli ultimi cinque mesi del 2012. Sono calati i contratti tra i 2 e i 3 mesi, ma sono letteralmente esplosi i contratti a brevissima durata, poco meno di un mese, che rappresentano il 42,5% del totale.
Questo boom si spiega probabilmente perché le imprese preferiscono un contrattino di un mese al lavoro intermittente. Insomma continua lo shopping tra le tipologie contrattuali precarie (in Italia sono 46) che costano meno e soddisfano una domanda di lavoro che ragiona unicamente sul risparmio dei costi. Viene inoltre confermato l’aumento delle cessazioni del rapporto di lavoro (+0.6%), e in particolare dei licenziamenti per volontà  dei datori di lavoro. Ristagna invece la «mobilità  volontaria» da parte dei lavoratori. Sarebbe strano il contrario, considerato che la possibilità  di scegliere tra lavori diversi è praticamente scomparsa. Altro elemento determinante per comprendere il mondo disegnato dalla riforma Fornero è il declino del contratto a tempo indeterminato nelle assunzioni. Nell’ultimo trimestre del 2012 si è toccato il minimo di avviamenti, 430.319 al netto dei fattori stagionali, proprio quando il Pil diminuiva dello 0,9%, i disoccupati sono aumentati di 99 mila unità  stabilendo il record dal 2009.
Giovannini ha riconosciuto che è irrealistico abbattere la disoccupazione cambiando le norme sul lavoro, e propone di modificare solo quelle sull’intervallo obbligatorio che riguardano i contratti tra i 4 e i 12 mesi, ma non quelli di un mese che sono letteralmente esplosi. Verrà  modificata, o cancellata, la norma che impone l’assunzione di un terzo degli apprendisti.
Una soluzione che non sembra risolvere il problema dell’apprendistato in Italia, usato come un surrogato del contratto a termine. Giovannini ha tirato il freno anche su una delle proposte uscite dall’abbazia di Streano: fare come in Francia con il contrat de génération, volgarmente tradotto in «staffetta tra generazioni»: gli anziani accettano di andare in pensione per lasciar spazio ai giovani. «Vista la crisi mi sembra difficile farlo accettare». Di diverso avviso è Serena Sorrentino, segretario confederale della Cgil, secondo la quale i dati Isfol «dimostrano i guasti della riforma Fornero». Il segretario generale Cgil Susanna Camusso ha denunciato la «flessibilità » come «una delle ragioni della crisi del sistema. Non bisogna sostituire lavoro stabile con lavoro precario». Giusto, ma cosa fare quando il precariato è eternamente stabile? è l’aumento dei contratti a brevissima durata, poco meno di un mese, registrato nel IV trimestre del 2012 registrato dall’Isfol nell’indagine sulla riforma


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