by Sergio Segio | 16 Maggio 2013 7:53
MILANO. «Non si può stare fermi», dice Carlo Feltrinelli, imprenditore culturale a largo raggio, tra libri e librerie, cinema e Scuola Holden, ristorazione e agende scolastiche, e ora anche la Tv, appena partita sul canale 50 grazie a un accordo con il Gruppo Espresso. «L’editoria tradizionale sta subendo profonde trasformazioni. Quel che io vorrei fare è guadagnare un pezzo importante di futuro per la Feltrinelli, che non è solo un marchio editoriale ma parte della storia italiana».
Nella grande depressione del mercato librario, chi si ferma è perduto?
«Il rischio è molto concreto. La rivoluzione digitale non è davanti a noi, la stiamo vivendo da tempo. Il libro resisterà ancora per molti anni, ma è giusto guardare oltre».
E la Tv rientra in questo suo non star fermo?
«Sì, così. L’idea è gettare un sasso nello stagno dell’offerta televisiva, rivolgendoci a un’Italia curiosa e desiderosa di modernità . Basta dare un’occhiata al sito www.laeffe. tv per farsi un’idea: cinema d’autore, docufilm di qualità , serie Tv mai viste in Italia. Mia madre Inge è entusiasta. Non si perde una puntata di Borgen, la fiction che ha per protagonista una premier danese».
Ma tra le mille attività , non c’è il rischio che i libri scivolino in secondo piano?
«No, al contrario. Stiamo provando a immaginare un mosaico che parte proprio dal nostro cuore, casa editrice e librerie. E intorno nuove tessere che possono dare smalto alle nostre attività tradizionali, che innervano l’intero progetto».
Lei ha acquistato la maggioranza delle Antiche Focaccerie San Francesco. E ha appena firmato un contratto con Oscar Farinetti, il fondatore di Eataly. La salvezza dei libri, più che nel web, la va cercando nel cibo italiano?
«Ma no. Farinetti è un ottimo partner per un investimento come quello della nuova Scuola Holden di Alessandro Baricco che partirà in ottobre: un grande e originale college della creatività . Quanto alle focaccerie, stiamo sperimentando la formula Red (Read Eat Dream), librerie che offrono anche un servizio di qualità nell’ambito della ristorazione».
Una sorta di «gastrolibreria»…
«Per carità , non le chiami così perché sennò la gastrite viene a me. È un modello innovativo, che mette insieme offerta editoriale, tecnologia, gioco, audiovisivi e ottimo cibo italiano. Il pubblico ha dimostrato di gradirlo molto. Anche quando nel 2001 introducemmo in libreria la novità dei tavoli di lettura, dei giochi, della musica, e dell’home video, qualcuno si scandalizzò. Poi ha avuto un grande successo e nessuno si scandalizza più».
Però le librerie non vanno bene. Da giugno partiranno i contratti di solidarietà .
«Il mercato dei consumi in Italia è segnato da una grave crisi. Anche per il nostro settore. Ogni giorno leggiamo di librerie storiche che chiudono o di catene come la Fnac che interrompono l’attività . Purtroppo anche noi sperimentiamo la crisi e abbiamo scelto, in accordo con le rappresentanze sindacali, la soluzione meno traumatica, per quanto dolorosa».
Però continuate ad aprire nuove librerie.
«Abbiamo rallentato, ma presto inaugureremo nuove sedi a Cosenza, Lecce e Milano. Le librerie Feltrinelli rappresentano un asset fondamentale nell’economia della conoscenza di questo paese. In generale, la libreria permette uno sguardo d’insieme su quanto ci accade intorno. Sul web puoi trovare di tutto, ma non ti dà lo stesso contatto immediato con il mondo dei libri».
Ma lei pensa che la crisi dei libri oggi sia dettata solo dalla depressione economica?
«No, c’è anche una grande depressione sul piano delle proposte. Oggi si fa molta fatica a vendere un saggio di storia o di scienze sociali, ma non credo che la soluzione sia il non-libro, l’hard cover a 9,90 euro o il tascabile a 0,99».
È soddisfatto del nuovo libro di Saviano?
«Qualcuno ha insinuato che abbia venduto meno del previsto. Una simpatica caratteristica italiana: gufare e rosicare su un autore amato dal pubblico. Noi siamo felici di come sia andato Zero Zero Zero: 250mila copie in trenta giorni, ora la ristampa. Ma sono soprattutto contento che Roberto abbia avuto la forza di scrivere un secondo libro così bello sul dominio del male nel mondo contemporaneo».
Su quali altri autori puntate?
«Tengo molto al romanzo del giovane Paolo Di Paolo, che parteciperà allo Strega. E suggerirei di guardare con attenzione a due titoli appena usciti di Martino Gozzi e Marco Mancassola. Per la saggistica, oltre al libro di Massimo Recalcati, giudico molto interessante Quello che i soldi non possono comprare di Michael J. Sandel, che s’interroga criticamente sul passaggio da un’economia di mercato a una società di mercato. Una lettura che mi sento di suggerire ai dirigenti del centrosinistra ».
Non c’è nessuno che le piaccia?
«Barca si è messo in cammino con coraggio, anche se ancora ne ignoriamo l’approdo. L’Italia è un paese vecchio e chiuso in se stesso, e assurda mi sembra la rinuncia ormai trasversale a trarre nuova linfa dall’immigrazione. La battaglia per la cittadinanza ai nuovi italiani ci vede coinvolti in prima linea: sia come casa editrice — abbiamo appena pubblicato Oltre la paura di Ceretti e Cornelli — sia con l’associazione “Il razzismo è una brutta storia”».
Quando traslocherete da via Andegari a Porta Volta?
«Il progetto di Jacques Herzog sarà compiuto entro due anni. Un edificio semplice e radicale dove sarà insediata la Fondazione Feltrinelli, che è la tessera più antica del nostro mosaico. Mio padre la fondò nel 1949 quando aveva 23 anni. Oggi è patrimonio della comunità scientifica internazionale, ma l’idea è di aprirla alla città e ripensarne anche il ruolo in un paese che non ha certo tra i suoi meriti quello di salvaguardare e rendere attuale la propria tradizione
culturale».
Giangiacomo Feltrinelli è stato un imprenditore che ha segnato la cultura italiana. Come si rapporta alla sua figura?
«Il mio progetto è semplice: offrire una prospettiva importante ad alcune “istituzioni” che sono parte dell’intelaiatura culturale del nostro paese: la Fondazione, la casa editrice e le nostre librerie. Non so se ne sarò capace ma spero di riuscirvi, anche se non mi nascondo le difficoltà ».
Per chi proviene da una famiglia di editori, la crisi può essere ancora più impegnativa sul piano personale.
«Sul piano personale preferirei non pronunciarmi. Ho comunque tante idee per la testa tra cui quella di scrivere un altro libro dopo Senior Service».
È andato a Londra a vedere lo spettacolo su suo padre?
«Non ancora, ma andrò presto. Mi ha fatto molto piacere che un artista cult gallese e un produttore americano facessero un disco sulla storia di Giangiacomo. Non è proprio la mia musica, ma l’ultima canzone Ciao Feltrinelli è piuttosto bella».
I giornali inglesi ne hanno parlato molto.
«Sì, scoprono un’icona della cultura e della sinistra italiana. Dieci anni fa la città di Zurigo gli ha dedicato una mostra “Feltrinelli editore rivoluzionario”. Un’operazione che da noi è impensabile. Però tutto questo mi dà birra per andare avanti nei nostri progetti».
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