Per l’Italia via libera sul deficit Ma l’Europa: margini ristretti

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Conclusione della Commissione europea, raccolta in cinque pagine: anche la sospensione della tassa Imu a giugno, e l’estensione della cassa integrazione ai lavoratori non coperti per il 2013, non dovrebbero avere «un impatto significativo sul disavanzo, che dovrebbe pertanto restare durevolmente» al di sotto del 3% del prodotto interno lordo, tetto fissato dalla Ue. La Commissione raccomanda dunque al Consiglio dell’Ue, che raccoglie i ministri dei 27 Stati, di chiudere il dossier: sulla carta, non siamo più in castigo. «È merito di tutti gli italiani», esulta il primo ministro Enrico Letta. Ma già  si delinea il prossimo monito di Bruxelles, per bocca del commissario agli Affari economici Olli Rehn: vi sono e vi saranno «margini molto stretti» per mantenere solidi i bilanci italiani, soprattutto quando la pubblica amministrazione comincerà  a pagare i suoi debiti alle imprese. E con un debito pubblico avviato al 132,2% del Pil nel 2014, aggiunge il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, «l’Italia non può rilassarsi, anche perché ha un problema di competitività  e perché ha perso una quota di mercato negli ultimi 20 anni». Quanto ancora all’Imu, se entro fine agosto non arriverà  la promessa riforma complessiva delle tasse sulla casa, «nel pieno rispetto degli obiettivi programmatici di bilancio», secondo la Commissione «la rata sospesa dovrà  essere versata entro il 16 settembre». Poi, le penitenze. Cioè le 6 raccomandazioni (o «comandamenti», a seconda di chi stia ad ascoltare) che la Commissione rivolge all’Italia perché resti sui binari del suo programma di stabilità  2012-2017. Altre otto pagine, ma con dentro idealmente molte vite, molti destini imprenditoriali, scossi dalla crisi. Volendo, le raccomandazioni di Bruxelles si possono condensare in poche sillabe, quasi un unico telegramma rivolto agli italiani: rianimate la giustizia civile e rafforzate le leggi per combattete la corruzione, rivedendo anche i termini troppo brevi delle prescrizioni; spostate il giogo delle tasse dal lavoro e dal capitale al consumo e alla proprietà ; rivedete le troppe esenzioni dell’Iva, sorvegliate il debito pubblico perché finalmente cominci a calare. Ma sorvegliate anche il deficit (traduzione: non cullatevi sull’assoluzione appena ricevuta) perché nel 2013 resti al di sotto del 3% del Pil: e per far ciò, dice Bruxelles, è necessario applicare «pienamente» le misure decise nel 2012 (dal governo Monti, dunque), assicurare una spesa pubblica efficiente. E ancora: nel mercato del lavoro, «allineare meglio i salari alla produttività », e completare la riforma del giugno 2012 (sottinteso: Fornero) però «sorvegliando attentamente la sua attuazione sul terreno»; e nelle banche, assicurare «più efficienza» per «supportare il flusso del credito» verso le imprese. Infine, liberalizzare il mercato dei servizi pubblici locali, soprattutto nei trasporti, assicurando l’accesso al mercato. Non sono sempre riflessioni nuove di zecca, anzi molti di questi concetti gremiscono quasi tutti i documenti prodotti dai palazzi Ue in questi lunghi anni di recessione: e chi mai potrebbe invocare «facciamo salire il debito pubblico» invece che chiedere il contrario? Ma questa volta, c’è davvero un accento particolare nelle righe in cui il Consiglio Ue – su impulso della Commissione – «rammenta che a partire dal 2013, anno successivo alla correzione del disavanzo eccessivo, l’Italia dovrà  realizzare progressi a un ritmo adeguato verso il proprio obiettivo a medio termine… ». «A un ritmo adeguato»: perché dopo, forse, non basteranno più le penitenze, e la pazienza d’Europa finirà .
Luigi Offeddu


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