«Italia, perse 32 mila imprese» Squinzi: ce la possiamo fare

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ROMA — Distrutto il 15% dell’industria manifatturiera. Scomparse 32 mila imprese e 539 mila posti di lavoro. Un credit crunch che solo dal 2011 vale 26 miliardi di euro. La Confindustria presenta il conto della crisi senza precedenti che dal 2007 ha messo in ginocchio il Paese ma non per questo perde la speranza di una ripresa. «Nonostante queste cifre che possono diventare ancora peggiori se non invertiamo subito la rotta, ce la possiamo fare». Non perde il suo ottimismo da imprenditore il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi e, chiudendo la presentazione dell’edizione di giugno di «Scenari industriali», ricorda che l’Italia resta pur sempre il settimo Paese più industrializzato del mondo e il secondo d’Europa. La sfida dunque resta la crescita e Squinzi ha voluto far propria la frase usata dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco quando, nelle sue considerazioni finali di settimana scorsa, ha osservato che «non si costruisce niente sulla difesa delle rendite e del proprio particolare».

In questo clima dove la politica finora ha dominato la scena qualcosa comunque si comincia a muovere. Ieri sera la Camera, anticipando l’agenda, ha approvato in via definitiva il decreto che sblocca il pagamento di 40 miliardi di euro in due anni dovuti alle imprese da parte della pubblica amministrazione. E ieri, ospite in viale Astronomia, il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato, ha dato prova di un pragmatismo da sindaco (lo è stato di Padova fino a pochi giorni fa) molto apprezzato dagli imprenditori ormai in preda a un giustificato scetticismo. Ha così spiegato il proprio «mantra» da ministro: le imprese italiane devono essere messe nelle stesse condizioni di quelle europee. E allora ecco che «dovrebbe» arrivare la defiscalizzazione triennale per chi assume giovani e l’esclusione dal pagamento dell’Imu per i capannoni industriali. Squinzi ha chiesto anche la riduzione di 8 punti del cuneo fiscale per tutti i lavoratori ma su questo Zanonato ha preferito scantonare e non mettere troppi euro sul tavolo. Altri tasselli si muovono. Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha annunciato che la Bei (Banca europea per gli investimenti) metterà a disposizione nel 2013 15 miliardi di euro per le Pmi e si augura che l’Italia ripeta il record del 2012 come miglior «prenditore». Inoltre, venerdì di settimana prossima, a Roma, si svolgerà l’attesa riunione tra i ministri del Lavoro e dell’Economia di Italia, Francia, Germania e Spagna per affrontare il tema della disoccupazione giovanile. Il ministro del Welfare Enrico Giovannini ha commentato il summit osservando che «dimostra un cambiamento culturale in termini di approccio del problema e che servirà per preparare al meglio il consiglio europeo di fine giugno».

Sul tema cruciale del credit crunch per le imprese l’agenzia internazionale di rating Standard&Poor’s ha calcolato che solo l’anno scorso il sistema bancario ha tagliato a tutte le imprese italiane 44 miliardi di euro di finanziamenti. Una stretta creditizia che ha innescato il ricorso record delle aziende alle emissioni obbligazionarie per oltre 20 miliardi che tuttavia — ha osservato l’agenzia — sono state sottoscritte quasi tutte (l’80%) da investitori esteri e non da quelli istituzionali.

Il vicepresidente di Confindustria Fulvio Conti ha ricordato i 5 punti suggeriti da viale Astronomia per il rilancio dell’economia (titolo V, semplificazione, accesso al credito, patto generazionale e cuneo fiscale) che hanno trovato una singolare triangolazione con il Movimento 5 Stelle. Laura Castelli, capogruppo grillina in commissione Bilancio della Camera, ha invitato formalmente Confindustria a confrontarsi con il loro piano di riforma per scoprire che ci sono molti punti in comune.

Roberto Bagnoli


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