E i fedelissimi: Beppe stia più a Roma
MILANO — Un’idea che serpeggia, prendendo sempre più corpo. Una pattuglia di parlamentari la sta considerando seriamente, pronti a cogliere l’occasione. Dopo le voci dei giorni scorsi su un cambio di strategia, dopo le telefonate per «tranquillizzare» i dissidenti, deputati e senatori ora immaginano un coinvolgimento sempre maggiore di Beppe Grillo a Roma. Una presenza più assidua. «Niente a che vedere con un impegno fisso», precisano in molti, ma l’ipotesi trova in larga parte il plauso dei pentastellati. Non un plebiscito, a dire il vero, ma — in una specie di sondaggio artigianale — una larga maggioranza. L’idea di un Grillo un po’ più «romano» piace ai suoi parlamentari. Qualcuno ne invoca addirittura una presenza «quasi giornaliera». Boutade, forse. Ma l’ipotesi avanza e viene definita spesso «ben accetta». Il capo politico non verrebbe avvertito come un «controllore». Anzi.
Il nocciolo della questione è che la figura del leader fortifica. «Servirebbe senza dubbio a rasserenare chi ne ha bisogno — dice il senatore Andrea Cioffi —. Noi potremmo proporglielo, sarebbe una soluzione. Potrebbe essere utile per smussare gli angoli del gruppo». E spiega però alcuni timori: «Non vorrei però sovraccaricare di impegni un uomo che già si è speso per noi tantissimo». Sulla stessa linea anche Roberta Lombardi: «Beppe? Sarei contenta che almeno una volta al mese venisse da noi negli uffici per vedere come funziona la macchina del Parlamento, quanto è farraginosa, quali sono i meccanismi. Sarebbe un modo per mostrargli quali sono i nostri problemi. Sono assolutamente favorevole».
C’è anche chi, come Paolo Bernini ,invece è disponibile a una via di mezzo: «Secondo me un paio di volte al mese per vedere come ci stiamo muovendo, cosa stiamo facendo, sarebbero sufficienti».
Il coro di voci, però, non è unanime. C’è chi dell’ipotesi non vuole parlare. Svicola, bollandola come «gossip». La verità è che la discussione è aperta, anche tra coloro che vengono considerati fedelissimi. Una fetta di Cinque Stelle spinge per mantenere — anche a livello di immagine — un alto grado di autonomia, seguendo il principio, ripetuto tante volte dallo stesso leader, dei cittadini inviati in Parlamento. In questo senso, un fronte di deputati e senatori preferirebbe proseguire senza nessun impegno forzato di Grillo. Tra loro, anche Vito Crimi: «L’ipotesi di avere Beppe a Roma con una certa frequenza non è rilevante. A me va bene così, non ne sento la necessità. Non credo che la sua presenza o meno sia il problema». Insomma, il nodo della questione — secondo alcuni — non è la distanza del leader, ma la compattezza del gruppo che si può ritrovare solo dall’interno. Esplicito, in questo senso, è il deputato Dino Alberti: «Dobbiamo risolvere le nostre discussioni internamente, come si fa in qualsiasi gruppo di lavoro. Noi viviamo giorno per giorno fianco a fianco». E spiega: «Mi è indifferente avere qui Beppe fisicamente, perché con lui possiamo comunicare via telefono o attraverso la Rete». Un gruppo che si reputa comunque compatto, come ha ribadito ieri il capogruppo al Senato Nicola Morra: «Eravamo 163 parlamentari e ora siamo 159, dimostrando una grande capacità di tenuta. Non siamo una maggioranza bulgara, ma discutiamo tutti insieme perché questa è la democrazia».
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