Un decreto per vietare gli Ogm Il ministro: «Non ci servono»

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ROMA — «Farò un decreto a tre firme per vietare la coltivazione di Ogm in Italia». Ha scelto la via più diretta la ministra delle Politiche Agricole, Nunzia De Girolamo, per riaffermare il deciso no dell’Italia ai semi geneticamente modificati.
Dopo la provocazione di Giorgio Fidenato, l’imprenditore agricolo di Pordenone, che ha seminato provocatoriamente nel suo campo il mais Mon 810 autorizzato dall’Unione Europea, le organizzazioni anti biotec hanno chiesto iniziative perentorie di chiusura. Vorrebbero che avviasse la procedura per ottenere da Bruxelles la cosiddetta clausola di salvaguardia che, secondo loro, consentirebbe di vietare a livello nazionale le piantagioni contestate mettendosi a posto dal punto di vista delle procedure.
Dopo l’ordinanza di un mese fa circa dove la Corte di giustizia dell’Ue ha stabilito che uno stato membro non può impedire coltivazioni Ogm già autorizzate a livello centrale lo spazio per osteggiarle è ridotto al lumicino.
Nunzia De Girolamo però ha scelto di tentare un’altra carta. Ha scritto una lettera ai ministri della Salute, Beatrice Lorenzin e dell’Ambiente, Andrea Orlando: «Faremo un decreto a tre firme, credo la pensino come me, almeno a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate in questi giorni — annuncia —. L’Europa lo potrebbe impugnare, è vero, e ci esponiamo a una violazione delle regole comunitarie. Però nei confronti della Francia, che ha bloccato le coltivazioni Ogm con un provvedimento simile, Bruxelles non ha ancora avviato la procedura di infrazione».
L’Italia mantiene fede alla tradizione. Dal 2000 le posizioni dei governi, di qualsiasi colore, hanno seguito la linea antibiotec. De Girolamo tre settimane fa è stata l’anima di un ordine del giorno con cui il Parlamento all’unanimità ha chiesto all’esecutivo di intervenire per bloccare i semi della discordia. «Gli Ogm non sono utili all’Italia — chiarisce —. La nostra è un’agricoltura d’eccellenza, sana e pulita. L’immagine nel mondo non va sporcata. Non è un atteggiamento pregiudiziale».
Però le iniziative italiane rischiano di provocare uno scontro perché si muovono nella direzione opposta rispetto alle decisioni comunitarie. Un’ulteriore prova è l’ordinanza dello scorso maggio che ha spinto Fidenato a salire sul trattore e spargere un chilometro di terreno di semi Mon 810. Un anno fa sempre la Corte si era pronunciata su un ricorso della multinazionale americana Pioneer affermando gli stessi principi: «Gli stati non possono vietare se c’è un sì centrale».
Per sentirsi spalleggiata in Europa, la ministra dell’Agricoltura sta cercando alleanze. Innanzitutto con la Francia che nel 2012, prima della nomina del presidente Hollande, assieme ad altri tre stati si oppose alla proposta di lasciare la libertà di scelta ai singoli Paesi.
De Girolamo la scorsa settimana ha avuto un incontro bilaterale col suo omologo transalpino, il ministro Stephane Le Foll affinché sostenga la posizione dell’Italia: «Mi ha promesso che ci appoggerà nella richiesta di concedere la volontarietà della scelta sulle coltivazioni biotec». Tra le prossime mosse, un incontro con le Regioni per «condividere le regole della coesistenza. In particolare parlerò con il Friuli Venezia Giulia sulla vicenda Fidenato. Non avrebbe potuto fare quello che ha fatto, doveva chiedere l’autorizzazione a seminare il mais Ogm. Un evento gravissimo perché può far credere che tutti adesso possono coltivare liberamente. Non ha rispettato le regole. Io sostengo che le colture di quel tipo non possono essere autorizzate senza verifica e senza un piano che stabilisca le modalità con cui devono essere messi in campo semi tradizionali, biologici e biotec e se esistono le condizioni per farlo».
Insomma una barriera su tutti i fronti, a dispetto dell’Ue, delle sentenze e dei ricercatori? «Il Parlamento e i cittadini ce lo chiedono. Non ci saranno mai sperimentazioni di piante Ogm in campo aperto, ma solo in laboratorio. In politica bisogna avere il coraggio di fare scelte nel rispetto del volere della gente e gli italiani, dicono i sondaggi, sono contrari alle piante geneticamente modificate».


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