Parigi: sì all’ingresso dello Stato. Il no di Berlino: paghino i soci
BRUXELLES — L’obiettivo è rassicurare i contribuenti di non dover più sborsare decine di miliardi di euro per salvare banche private travolte spesso da speculazioni spregiudicate, come è accaduto dall’inizio della crisi finanziaria nel 2008 in vari Paesi membri. I 27 ministri finanziari dell’Ecofin si sono riuniti a Bruxelles, dopo non essere riusciti a trovare un accordo in oltre 18 ore di trattative venerdì scorso a Lussemburgo, proprio per definire come attribuire le perdite ad azionisti, obbligazionisti e depositanti non garantiti (sopra ai 100 mila euro) in caso di fallimento di un istituto.
Il commissario Ue per il Mercato interno, il francese Michel Barnier, ha dichiarato che «l’accordo è a portata di mano» perché restano «due o tre punti in sospeso». Si è trattato a oltranza nella notte. L’aspettativa è di consegnare al summit dei capi di Stato e di governo, in programma oggi e domani a Bruxelles, un altro pezzo importante del progetto di Unione bancaria.
Il problema sostanziale discusso dall’Ecofin è interno ai 17 Paesi della zona euro, che vedono ancora una volta Germania e Francia in posizioni contrapposte. Il ministro delle Finanze tedesco di centrodestra, Wolfgang Schäuble, chiede regole rigide per consentire fallimenti bancari «ordinati» e per garantire ai contribuenti l’attribuzione delle perdite ad azionisti, obbligazionisti e grandi depositanti. Il ministro delle Finanze francese, il socialista Pierre Moscovici, vorrebbe maggiore flessibilità e la possibilità di consentire l’intervento dello Stato valutando caso per caso. Il presidente della Bce Mario Draghi ha fatto trapelare attenzione alla linea della Germania, che teme la propensione dei banchieri a rischi eccessivi se si sentono protetti dai salvataggi con denaro pubblico. Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, segue la Francia e punta a «un sistema con sufficiente flessibilità per gestire specificità nazionali e che consenta di tutelare al meglio gli interessi dei risparmiatori, indipendentemente da quale sia lo strumento nel quale hanno investito i risparmi».
La possibilità per le banche dell’eurozona di farsi ricapitalizzare direttamente dal fondo salva Stati Esm (fino a 60 miliardi) ha creato un contrasto con quelle dei 10 Paesi non aderenti alla moneta unica. Soprattutto il Regno Unito, che difende gli interessi della City di Londra, e il governo liberale svedese, appellandosi al non poter beneficiare degli aiuti Esm, chiedono concessioni per difendere l’esigenza delle loro banche a mantenere attività speculative senza perdere competitività. L’esperienza negativa maturata durante il salvataggio finanziario di Cipro ha favorito il consenso dell’Ecofin sulla tutela dei depositi inferiori a 100 mila euro.
Saccomanni ha ammesso che i capi di governo oggi si aspettano dall’Ecofin un accordo in modo da poterlo «inserire nelle loro conclusioni». Ritiene poi utile concludere questo secondo capitolo dell’unione bancaria perché, dopo aver concordato la centralizzazione presso la Bce della supervisione sugli istituti di credito, si passerebbe alla garanzia comune sui depositi, che interessa molto all’Italia.
Ivo Caizzi
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