Case e conti all’estero «Così il prelato usava lo Ior»

by Sergio Segio | 29 Giugno 2013 7:32

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E adesso è in questa girandola di entrate e uscite «fuori bilancio» che si stanno districando gli specialisti del Nucleo valutario della Guardia di Finanza guidati dal generale Giuseppe Bottillo. Perché altri filoni di inchiesta potrebbero aprirsi, svelando episodi di riciclaggio. E facendo emergere le figure di alcuni religiosi che avrebbero percepito denaro proprio attraverso i flussi gestiti da Scarano, come quel «fra Elia» che viene nominato spesso nelle conversazioni tra gli indagati intercettate negli ultimi mesi. Con i soldi l’alto prelato ha sempre mostrato dimestichezza, pagava generalmente con banconote di grosso taglio, tanto da essere soprannominato «mister 500». Sono proprio i colloqui captati dagli investigatori a mostrare quanto stretto fosse il suo legame con il vicepresidente dello Ior Massimo Tulli e i contatti frequenti con il direttore Paolo Cipriani, indagato in un altro capitolo dell’inchiesta sulla gestione dell’Istituto per le Opere Religiose. Proprio con loro discute spesso del trasferimento di soldi.
«Te li faccio partire dal Vaticano»
Quando si tratta di far rientrare dalla Svizzera una parte del patrimonio che secondo l’accusa è riconducibile agli armatori napoletani Paolo, Maurizio e Cesare D’Amico (anche loro coinvolti nell’inchiesta), il monsignore si attiva immediatamente. Scrive il giudice: «Scarano intrattiene frequenti e stretti rapporti con i D’Amico e dalle conversazioni sembra desumersi la cointestazione di un conto corrente con Cesare. È lui a garantire le operazioni finanziarie come “sicure” grazie ai suoi rapporti con lo Ior. Particolarmente significativa appare la conversazione del 17 maggio 2012 con Giovanni Carenzio nella quale Scarano descrive lo Ior come l’unico strumento sicuro e rapido per effettuare operazioni finanziarie e bancarie in elusione — quando non in violazione — della normativa antiriciclaggio e fiscale».
Annotano i finanzieri: «Carenzio dice di aver avuto un aiuto economico ma non è sicuro di riuscire ad avere subito tale cifra e chiede a Scarano se gli può anticipare il denaro. Scarano dice che domattina gli farà un bonifico di 20, 30 mila euro».
Scarano: Stasera mi mandi le coordinate, l’Iban. Ti faccio il swift. Sarà intorno ai 20-30, una cosa del genere perché riguarda la mia firma
Carenzio: Scusami, ma da dove?
Scarano: Te li faccio partire dal Vaticano, perché è l’unico modo celere che ho. Faccio la firma, dal direttore generale, mi porta questa persona che gentilmente si presta, e basta.
I 61 assegni circolari
Fino al 1983 Scarano è dipendente della Banca d’America d’Italia e tre anni dopo decide di prendere i voti. Ogni mese riceve un bonifico da 20 mila euro da Cesare D’Amico con la causale «beneficenza», che finisce sui suoi conti personali. La procedura è «anomala», adesso si sta cercando di scoprire la vera ragione di queste elargizioni fisse. È titolare di svariati depositi presso lo Ior e ha un conto presso la filiale Unicredit di via della Conciliazione con un saldo che al 2 settembre 2011 ammonta a circa 456 mila euro. Non solo. Scarano possiede «un cospicuo patrimonio immobiliare» e per acquisirlo ha impiegato molti soldi: un milione e 155 mila euro soltanto nel periodo che va da novembre 2009 a marzo 2010.
I sospetti dei pubblici ministeri si concentrano in particolare su due operazioni di mutuo da 600 mila euro l’una, effettuate sul conto Unicredit e su un altro deposito aperto presso una filiale Mps. Nel dicembre 2009 il monsignore decide infatti di estinguere il primo contratto e lo fa con 61 assegni circolari di importi che oscillano tra i 2.000 e i 20.000 euro emessi da 17 banche diverse. Sono tutti intestati ad amici e parenti e hanno come causale una «donazione». Da dove provengono realmente? Secondo una testimone interrogata nella parallela inchiesta avviata a Salerno sarebbe stato proprio il monsignore a incaricarla di compilare quegli assegni fornendole la lista degli intestatari. «Mi disse — aggiunge la donna — che i soldi arrivavano dallo Ior».
E i milioni diventano «libri»
Nel 2006 l’alto prelato acquista alcuni box auto a Salerno pagandoli con sei assegni da 10 mila euro l’uno emessi dal conto Unicredit e addebitati allo Ior. Poi c’è un deposito presso la banca del Fucino, un’altra movimentazione che porta a Francoforte. E le società «Prima Luce srl» e «Effegi Gnm srl» finanziate con almeno 500 mila euro. Su tutto questo si sta cercando di fare luce, anche se la documentazione relativa allo Ior continua a risultare inaccessibile.
Le intercettazioni telefoniche dimostrano i trucchi che il monsignore utilizzava per eludere i controlli quando parlava di soldi. Generalmente i milioni erano «i libri della Treccani». Il 15 luglio 2012, alla vigilia del trasferimento dei venti milioni dalla Svizzera all’Italia affidato allo 007 Giovanni Maria Zito, lo contatta per gli ultimi dettagli.
Scarano: Io credo che più libri porti e meglio è
Zito: Se riesco raddoppio
Scarano: Riesci a portare 20/25 libri?
Zito: Quelli sicuri
Scarano: Già quello è un buon traguardo, hai capito? Perché ci consente di fare un sacco di cose per noi
Zito: Quello mi ha chiesto di portarne il doppio, 40!
Fiorenza Sarzanini

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