Addio Margherita, il lato più a sinistra del firmamento
Margherita Hack si è spenta insieme alle stelle. Vale a dire verso l’alba di ieri all’ospedale di Cattinara, a Trieste, dove era ricoverata da una settimana per una crisi al cuore. I suoi necrologi gronderanno di metafore astrofisiche ma in fondo sono in linea col personaggio che si considerava “figlia delle stelle”. Cioè fatta della stessa materia creata dalle Supernove, come tutto quello che c’è nell’universo del resto. E chissenefrega se per questo doveva dar ragione ad Alan Sorrenti e al suo album del ’77. Rientrava nel ruolo di divulgatrice passionale. Sì, perché lei si rammaricava, con Seneca, che lo spettacolo della volta celeste fosse reso sterile e noioso dalla scuola mente se, per assurdo, lo si potesse vedere solo da un punto della Terra tutti accorrerebbero per ammirarlo.
MARGHERITA HACK sapeva benissimo che il cuore poteva smettere di pompare in qualsiasi momento. Eppure nel dicembre scorso ha rifiutato un intervento ritenendolo una forma di accanimento terapeutico. Pensava che a novant’anni il gioco non valeva la candela. Che non valesse la pena di farsi trinciare il petto per qualche mese di vita in più, affaticata attivista piegata in due com’era negli ultimi tempi. Lei infaticabile sostenitrice di mille cause perse o vinte non era proprio il tipo della rinunciataria anche se da qualche anno – e con grande rammarico – aveva appeso al chiodo l’amata bicicletta. Con la quale scorrazzava per il Carso nonostante tre bypass e le protesi di titanio ai ginocchi: “Se ne avessi avuti ottanta, bè, forse di quell’operazione sarebbe valsa la pena. Ma alla mia età…”.
Una forma di coerenza filosofica prima di tutto. Quella per l’eutanasia e contro l’accanimento terapeutico era una delle sue battaglie insieme a quella per i diritti degli omosessuali, per la laicità dello stato, per il rispetto verso gli animali – era vegetariana e la mandava in bestia che ogni giorno milioni di animali vengano uccisi per finire sulle tavole -, e contro il divieto di ingresso dei cani negli alberghi e in spiaggia. Margherita Hack è nata al tempo della marcia su Roma, ha compiuto 91 anni martedì 12 giugno e ha fatto in tempo a dare del “grullo” a Grillo in un’intervista alla rivista ExtraTorino, l’ultima rilasciata. Grillo che pure, tra i vari papabili al seggio di senatore a vita, l’ha indicata come l’unica degna di nomina. Alle primarie del Pd la Hack ha votato per il conterraneo Renzi e contro Bersani. La dote che tutti le riconoscono
– al netto dell’aderenza a molte cause della sinistra e candidature comuniste – era l’indipendenza di pensiero e la schiettezza. Si è beccata pure della “astrologa” in un’intervista di Liberazione ma solo per errore del giornalista che il direttore Sandro Curzi ha costretto a un auto-da-fè terribile, il giorno successivo. Si poteva pensare a una gaffe peggiore? Astrologa la Hack ha finito per diventarla ma solo in un’imitazione della trasmissione Quelli che il calcio, condotta da Vittoria Ca-bello, che ne sfruttava l’accento toscano inconfondibile, e la corporatura carismatica, la sfrontatezza con cui portava un secolo sulle spalle curve.
La sua recente uscita più clamorosa è stata sotto forma di scherzo. Quelli della Zanzara, la trasmissione radiofonica su Radio24, si sono spacciati per l’astrofisica chiamando Valerio Onida. Il costituzionalista era appena stato nominato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano nella commissione di saggi che doveva – ufficialmente – formulare delle proposte di riforma e di fatto serviva prendere (o perdere) tempo durante il surreale limbo politico del dopo voto. “I saggi? Inutili – ha spiegato al telefono l’ex presidente della Cosulta -, servono a coprire questo periodo di stallo. Andremo a votare presto. Berlusconi vuole solo protezione, è anziano e speriamo decida di godersi la vecchiaia lasciando in pace gli italiani”. Svelata la beffa Onida si è scusato con Napolitano e Berlusconi per avere espresso quel giudizio.
Figlia di iscritti alla Società teosofica italiana – quindi praticanti un culto esoterico e iniziatico – Margherita Hack ha conosciuto il marito Aldo De Rosa, di poco più anziano, ai giardinetti a Firenze. Il marito che è le è stato accanto tutta la vita e – contro ogni statistica vedovile – le è sopravvissuto. Si è iscritta a Lettere ma, nonostante la passione per la narrativa, ha rinunciato dopo la prima lezione, che verteva su un testo del ’20 di Emilio Cecchi, Pesci rossi, e trovava – giustamente
– noiosissima. È così passata subito a Fisica. Dobbiamo quindi al critico conservatore che nel dopoguerra stroncherà Pasolini e altre avanguardie, se la Hack ha intrapreso la strada delle scienze esatte. Dopo avere insegnato in mezzo mondo, California compresa (Berkley), è diventata nel ’64 – fino al ’92 – docente di astronomia all’università di Trieste e prima donna a dirigere l’osservatorio astronomico di quella città che è diventata la sua città d’azione.
“QUANDO ci sono io non c’è la morte e quando c’e’ la morte non ci sarò io” ripeteva, secondo la nota formula dei filosofi epicurei. La spaventava più la sofferenza senza fine che la fine. Credeva a poco da giovane e più a niente da adulta. Considerava l’essere scettici un dono. Come molti scienziati veniva interpellata spesso sull’unica domanda a cui non poteva rispondere con certezza e cioè se esiste Dio. Lei lo escludeva e riteneva più probabile che esistessero gli extraterrestri vista la vastità dell’universo.
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