Anche gli 007 britannici spiano email e telefonate

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NEW YORK — Ieri sera il Dipartimento di Stato ha ufficialmente incriminato per spionaggio Edward Snowden, la 29enne «talpa» che ha rivelato al mondo l’esistenza del programma di spionaggio informatico Prism. Dopo aver concluso l’indagine iniziata il mese scorso, l’amministrazione Obama ha chiesto a Hong Kong di arrestare l’analista dei servizi segreti, avviando le procedure per estradarlo.

È l’ultimo colpo di scena di una giornata contrassegnata dall’ultimo clamoroso scoop targato Snowden pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian : la rivelazione che servizi segreti del Regno Unito hanno messo in atto un’operazione globale di spionaggio online talmente vasta da far impallidire non solo il famigerato Prism dell’americana National security agency (Nsa) ma anche gli analoghi programmi dei cosiddetti Cinque Occhi (Five Eyes), l’alleanza di servizi composta da Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda.

Dai documenti top secret forniti al Guardian da Snowden emerge che oltre 300 analisti dell’agenzia britannica Gchq si sarebbero segretamente allacciati alla rete di cavi attraverso cui passano le comunicazioni telefoniche e il traffico Internet mondiali e hanno iniziato a setacciare una mole di informazioni definita «smisurata» dal quotidiano per poi condividerla con 200 omologhi della National security agency

 

L’operazione, dal nome in codice «Tempora», è in corso da circa diciotto mesi e fino ad oggi avrebbe permesso a Gchq di esaminare dati di «telecomunicazioni» al ritmo di 600 milioni al giorno, intercettando il contenuto di telefonate, email e pagine Facebook attraverso oltre 200 cavi di fibra ottica.

Ma Gchq non si limiterebbe ad ascoltare e controllare in diretta le informazioni. Gli analisti possono infatti conservare il materiale per tre giorni e i cosiddetti metadati (le informazioni su chi chiama, per quanto tempo, da dove e con quale mezzo) possono essere conservati per un mese.

E sempre ieri un imprenditore islandese legato a Julian Assange si era fatto avanti per mettere a disposizione di Snowden un aereo privato «già pronto» a trasportarlo da Hong Kong a Reykjavik.

«Stiamo solo aspettando dal ministro degli Interni islandese la conferma che gli sarà concesso l’asilo politico», ha spiegato Olafur Vignir Sigurvinsson, direttore di DataCell, compagnia che veicolava i pagamenti a WikiLeaks, «e che non sarà estradato in Usa».

Mercoledì scorso, a un anno esatto dal suo esilio nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, Assange ha tenuto una teleconferenza stampa insieme a Ellsberg e Thomas Drake (ex senior executive della National security agency punito per aver denunciato gli scandali interni), per dichiarare pubblicamente il suo sostegno a Snowden.

Ma l’Islanda si è rifiutata di confermare l’avvio della pratica per la cittadinanza: di fatto l’unico escamotage per metterlo in salvo dalla «vendetta» degli americani. Proprio come accadde nel 2005 all’ex campione di scacchi Bobby Fischer che si era rifugiato nel Paese per sfuggire alla giustizia Usa che lo accusava di evasione fiscale e di aver violato le sanzioni contro la Jugoslavia giocando una partita a Sveti Stefan nel 1992.

Ma dopo l’incriminazione ufficiale da parte del Dipartimento di Stato è a dir poco dubbio che l’Islanda decida di contrariare l’alleato Usa. Nel suo albergo a Hong Kong l’ex tecnico della Cia più ricercato del mondo aspetta il suo destino. E prepara nuove rivelazioni.

Alessandra Farkas


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