Atene, crisi di governo e le Borse cedono

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 Il governo di unità nazionale greco torna a traballare e precipita il paese – assieme all’Europa e ai mercati – di nuovo nel caos. I democratici di sinistra (Dimar) di Fotis Kouvelis hanno ritirato ieri i loro ministri dall’esecutivo per protesta contro la gestione della partita Ert, la tv pubblica spenta d’imperio dal premier Antonis Samaras. «Completeremo i nostri quattro anni di mandato con o senza Dimar», ha promesso il presidente del Consiglio, scommettendo sulla tenuta dell’asse con il Pasok. Ma la situazione è delicatissima. I conservatori di Nea Demokratia e i socialisti – i due partiti che a turno hanno governato il paese negli ultimi 45 anni – hanno una maggioranza risicatissima in Parlamento, 153 seggi su 300. E il rimpasto cui sta lavorando il premier in queste ore rischia di avere vita difficilissima, riavvicinando lo
spettro di elezioni anticipate.
In Europa è già scattato l’allarme rosso. Anche perché la nuova crisi ad Atene si incrocia pericolosamente con il dibattito pre-elettorale tedesco. «Mi auguro che sotto il Partenone prevalga il senso di responsabilità», ha detto il Commissario agli affari economici Olli Rehn. Appello che a dire il vero andrebbe girato anche a Ue e Fmi, protagoniste in queste ore di un nuovo braccio di ferro sul salvataggio della Grecia: Washington avrebbe minacciato di sospendere gli aiuti se Bruxelles non farà la sua parte per colmare il buco da 3-4 miliardi aperto dalla mancata privatizzazione della Depa (gas) e dalla decisione di alcune banche centrali, Parigi in testa, di non rinnovare i bond ellenici scaduti che avevano in portafoglio.
Ad Atene la tensione è palpabile nell’aria. Il Presidente della repubblica Karolos Papoulias ha rinviato la partenza per le vacanze in attesa che Samaras – nell’arco delle prossime 48 ore – presenti la lista dei ministri del nuovo governo dove crescerà il peso del Pasok. «Il paese non ha bisogno di elezioni anticipate – ha gettato acqua sul fuoco Kouvelis –. Noi continueremo con rigore nella nostra linea di pragmatismo riformista». Tradotto dal politichese, i 14 deputati di Dimar valuteranno provvedimento per provvedimento se dare un appoggio esterno all’esecutivo.
Anche sui mercati però – convinti che in tempi brevi la Grecia sia costretta a tornare alle urne – tira aria di tempesta. La Borsa ellenica ha perso il 6% e il rendimento dei titoli di stato a dieci anni è tornato oltre l’11% dopo essere sceso pochi giorni fa all’8%. E la bufera ad Atene ha contagiato i listini del Vecchio continente, tutti in pesante ribasso con Piazza Affari scivolata di un altro 1,89% e lo spread in area 290. Il timore, tra l’altro, è che un eventuale ritorno alle urne non garantisca una maggioranza certa: i sondaggi danno il centrodestra di Nea Demokratia in vantaggio di un’incollatura sulla sinistra radicale di Syriza con l’ultra-destra di Alba Dorata terza al 10%.
A far precipitare nel caos il governo è stato il decisionismo con cui Samaras ha spento il segnale di Ert, passando sulla testa dei suoi alleati di governo e “licenziando” 2.656 persone. Un decisione letta da molti come un regalo alla Troika che da anni pretende una pesante sforbiciata sui dipendenti pubblici. Difficile che su questo fronte possano arrivare schiarite. Il tentativo di mediazione delle ultime ore («riassumeremo 2mila persone», ha garantito il premier) è fallito. E il ministero delle finanze ha chiesto ai giornalisti che occupano la sede di evacuare il quartier generale del network. «Se i locali verranno liberati, Ert potrà tornare on air in un paio di giorni», ha promesso un portavoce del governo.


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