Bollette elettriche meno care e 5 miliardi di credito agevolato oggi arriva il “decreto del fare”

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ROMA — Più credito alle imprese per investire. Bollette meno care per tutti. Multe ai funzionari pubblici per ogni giorno di ritardo in atti e procedure. E addio ai certificati di sana e robusta costituzione. Il “decreto del fare”, che oggi pomeriggio arriva in Consiglio dei ministri – il primo del governo Letta per rilanciare crescita e sviluppo e allo stesso tempo alleggerire un po’ di burocrazia – si preannuncia corposo, anche 60 articoli. Sarà accompagnato da un disegno di legge con semplificazioni vecchie (recuperate dall’era Monti) e nuove (come facilitare la cittadinanza ai ragazzi nati in Italia). Ma non dall’altro provvedimento, il piano carceri della Cancellieri per sfoltire il sovraffollamento, atteso e discusso, ma saltato all’ultimo minuto.
La prima buona notizia, anticipata ieri dal ministro per lo Sviluppo economico Zanonato, è il taglio da 500 milioni all’anno per le bollette elettriche di cittadini e aziende, «riducendo oneri impropri e rendite» (250 milioni dalla riformulazione delle tariffe Cip6 in base al prezzo del gas, più basso, e altri 250 dal taglio degli incentivi al biocombustibile). La seconda, un pacchetto dedicato alle piccole e medie imprese, per «allentare le difficili condizioni di accesso al credito » e «riattivare un canale di finanza agevolata». In pratica, il fondo centrale di garanzia sarà potenziato e «consentirà di attivare credito aggiuntivo per circa 50 miliardi in tre anni». Mentre «ci saranno 5 miliardi di risorse disponibili, grazie alla provvista della Cassa depositi e prestiti, ad un tasso dimezzato rispetto a quello di mercato» per sostenere quelle imprese che vogliono acquistare nuovi macchinari, «fino a 2 milioni di investimenti ad azienda». Verranno infine rifinanziati con 150 milioni «almeno 20 importanti progetti di investimento nel Centro-Nord», superiori ai 30 milioni di euro (tra fondi pubblici e privati), con lo strumento dei contratti di sviluppo.
Fin qui il volano per spingere la produzione e «dare fiducia all’economia ». Come contorno, le semplificazioni. Non solo tutor d’impresa e sportello unico per l’edilizia. Ma anche Durc (il documento che attesta la regolarità contributiva, indispensabile per partecipare agli appalti) che varrà 180 giorni e acquisito d’ufficio dall’amministrazione pubblica. E multa, fino a 4 mila euro, al responsabile pubblico che incaglia le procedure: 50 euro per ogni giorno di ritardo. Infine, il famoso certificato di sana e robusta costituzione che assieme a quello di idoneità, di fatto sparisce in tutti i casi di assunzioni nel pubblico impiego, dopo il concorso, ma anche in alcuni ambiti privati (maestri di sci, tabaccai, farmacisti). Un risparmio, calcolano al ministero della Sanità, di decine di migliaia (se non centinaia) di “carte” all’anno.
In bilico la norma sul commissariamento di quegli enti locali che non attuano i progetti cofinanziati con fondi europei, li usano con ritardo o li sottoutilizzano (importante in tempi come questi di risorse scarse). Mentre dovrebbero entrare gli adempimenti “leggeri” in tema
di sicurezza sul lavoro per addetti a tempo parziale e nei settori di attività a basso rischio infortunistico, individuati dal ministero del Lavoro. Così come l’abrogazione della responsabilità solidale dell’appaltatore con il subappaltatore se questi ha irregolarità fiscali (non versa i contributi ai dipendenti). Nel ddl semplificazioni dovrebbe invece finire la delega al governo per un Testo unico dell’istruzione e quella per eliminare tutte le leggi obsolete, la concessione in uso di immobili pubblici ai privati se non sarà possibile valorizzarli. E una serie di sfoltimenti di norme: privacy, agenda digitale (impulso al domicilio e al fascicolo sanitario elettronici), semplificazioni fiscali varie, la data unica per tutti gli obblighi fissata per legge al 1° luglio e 1° gennaio di ogni anno.


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