Email, sms, dialoghi e anche bisbigli Il Grande Fratello che spia dal deserto

by Sergio Segio | 7 Giugno 2013 7:38

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È qui che finiranno domani i dati che l’Fbi ha ottenuto dalla compagnia telefonica Verizon. L’ultima breccia (di molte) alla privacy dell’individuo.
Tutto reso possibile da un ordine riservato di un giudice e dal Patriot Act, che è approvato dal Congresso americano. Molti sono convinti che la storia sia molto più ampia, legata alla «tradizione» di tenere d’occhio i cittadini. In nome di una «buona ragione». Dai bisbigli piccanti captati dai federali di J. Edgar Hoover alle operazioni sotto Bush e proseguite da Obama.
I rastrellatori puntano alla creazione di un archivio pensando al futuro e non all’oggi. Una misura preventiva che mette tutti nello stesso canestro. L’innocente e il bandito. Nel caso succeda qualcosa gli investigatori apriranno il file del signor Smith e vedranno quali sono stati i suoi contatti. Chi ha chiamato, quante volte, chi gli ha telefonato, a che ora.
Un tabulato di numeri che però l’Nsa è in grado di combinare con altri elementi. Poiché negli Usa ormai è quasi tutto online e ognuno ha una sua vita digitale, è possibile incrociare il flusso telefonico con l’accesso al bancomat, l’acquisto di medicine, le spese al supermercato, i viaggi, le vacanze, il pieno di benzina, il cinema. Ed ecco che esce il profilo della persona, le sue abitudini, il tenore di vita e, talvolta, i rapporti con il crimine e il terrorismo.
Nel caso Verizon la richiesta dell’Fbi riguarda un periodo preciso — aprile/luglio — e i clienti del settore business della compagnia telefonica, dunque società e compagnie. Gli analisti spiegano: forse vogliono costruire un archivio di «ditte» che potrebbero saltare fuori in indagini sullo spionaggio o il riciclaggio. E le ipotesi sono tutte valide. I sabotatori iraniani. I cinesi copioni. I narcos lavatori. C’è poi l’eterno fronte del terrorismo. La Casa Bianca, nella prima reazione, ha spiegato la necessità di tutelare il paese. E allora i «pescatori» federali vogliono essere sicuri di sapere tutto del network sociale di un estremista vero o potenziale. Non è storia recente, va avanti dal 2006.
Il punto, però, è che in questi anni il problema della lotta all’eversione jihadista non è stata la mancanza di informazioni, bensì l’opposto. A forza di raccogliere si rischia di essere sommersi di dati e si perde di vista il target vero. Si può diventare «interessanti» agli occhi della giustizia anche se si acquistano cosmetici in quantità eccessive: alcuni prodotti sono usati per fare le bombe artigianali. Non si contano più i casi di terroristi segnalati, inseriti nelle liste e poi dimenticati o trascurati perché ritenuti non pericolosi.
In questa condizione c’erano anche quelli di Boston. Con l’aggravante di «censire» anche le persone che non hanno fatto nulla di male. Chi difende il sistema se la cava con la frase «se serve che controllino pure, non ho nulla da temere». E dimenticano che questa volta l’Nsa ha ottenuto quello che cercava con un ordine, ma se vuole è in grado di prenderlo da sola con una rete di «sensori» sparsi per tutta America.
Guido Olimpio

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