Interdizione, la linea dura dei Democratici

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ROMA — «Dopo la Corte costituzionale io la vedo nera, per Berlusconi e per il governo…». La senatrice democratica Denis Lo Moro, membro della Giunta che avrà nelle mani il futuro politico di Silvio Berlusconi, prevede passaggi parlamentari ad altissima tensione. E se mai la Cassazione, fra otto o nove mesi, dovesse decidere per l’interdizione, per il Cavaliere sarebbe veramente difficile scamparla. «Voteremo e basta, non potremo in alcun modo smentire la decisione dei magistrati», prevede la senatrice Lo Moro. E lo stesso epilogo immagina Felice Casson: «Di fronte a una sanzione di interdizione il Senato non potrebbe che prendere atto…».
Voci che Palazzo Chigi non intende inseguire. Enrico Letta è concentrato «sulle cose da fare», non può (e non vuole) occuparsi del processi del leader del Pdl. Il premier non vede elezioni anticipate a breve e ritiene «non importante per il governo» il tema dell’ineleggibilità di Berlusconi, sul quale intende attenersi alle indicazioni del Pd. Una sana presa di distanza, dalla quale però filtra la comprensibile preoccupazione per i cattivi umori che montano nel Pdl dopo il «no» della Consulta sul legittimo impedimento dell’ex premier. I fedelissimi lasciano trapelare che Berlusconi speri nella sponda del Quirinale e che, nel confermare a Letta il suo appoggio leale, gli abbia rinnovato la richiesta di precise «garanzie». È un terreno minato, sul quale il presidente del Consiglio starà bene attento a non mettere il piede.
Nella Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di Palazzo Madama il clima è nervoso. La data del 9 luglio, che era stato individuato come il giorno in cui incardinare al Senato il ricorso del Movimento 5 Stelle sull’ineleggibilità, sta facendo litigare i membri della Giunta.
«È una data sballata, non ha alcun senso — conferma Casson — Purtroppo i tempi saranno molto più lunghi, ci vorranno mesi…». Nel merito il senatore non si sbilancia, per quanto convinto che la casistica precedente che ha visto Berlusconi salvato per tre volte alla Camera nel ’94, nel ’96 e nel 2001 «non sia vincolante» e che il caso vada discusso «ex novo». Ma la sensazione prevalente è che raggiungere la maggioranza sarà difficile, anche perché i democratici disposti a votare con grillini e Sel sono in assoluta minoranza nel gruppo.
Per spostare l’attenzione dall’ine- leggibilità all’incompatibilità è stato depositato al Senato un nuovo disegno di legge. Il testo è opera di Massimo Mucchetti (Pd), presidente della commissione Industria, il quale ha ottenuto in calce le firme di molti colleghi di gruppo, tra cui Valeria Fedeli, Giorgio Tonini, Walter Tocci, Miguel Gotor, Paolo Corsini… Il capogruppo Luigi Zanda, la cui presa di posizione a favore dell’ineleggibilità del proprietario di Mediaset ha fatto molto discutere, ha firmato per secondo il ddl. Il presidente dei senatori ritiene che «la legge del 1957 è vecchia e va rivista» e che Mucchetti abbia individuato «una buona soluzione».
Per risolvere il conflitto di interessi del Cavaliere (e non solo) il senatore propone che l’azionista di controllo di imprese beneficiarie di concessioni statali abbia un anno di tempo, dall’elezione in Parlamento, per scegliere se lasciare lo scranno oppure se vendere le sue partecipazioni azionarie «a soggetti terzi». Un punto di vista che non convince Casson, il quale invece sostiene che «la legge c’è già» e ha solo bisogno di qualche ritocco.
Ma la vera battaglia sarà quella dell’interdizione. Se al principio del 2014 la Cassazione dovesse confermare la condanna per il processo Mediaset, Berlusconi potrebbe decadere dal mandato parlamentare. La Giunta voterebbe alla luce del sole, mentre in Aula basta la richiesta di venti senatori per far scattare il voto segreto e la maggioranza — sulla carta — è contro di lui. Manca molto tempo, ma nel Pdl si fa già di conto. Cesare Previti fu costretto a dimettersi per evitare l’onta di una decadenza annunciata e così Totò Cuffaro e Giuseppe Drago. Mentre Mario Tanassi (scandalo Lockheed, ndr) decadde dopo il voto dell’Aula di Montecitorio.


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