Quegli scempi che feriscono l’Italia

by Sergio Segio | 27 Giugno 2013 7:49

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Pensavo ai turisti che osservavano San Marco magari dalla propria vasca da bagno: sconcissima visione. Poi c’è il rischio di motori impazziti, come a Genova. Ci saranno dietro grandi entrate, ma a che vale sfigurare la magnifica città per Mammona?
Dal sindaco, quale che sia la sua competenza, ci si attenderebbe un gesto forte. È l’ora che le massime autorità dello Stato intervengano: come facevano i Romani, d’imperio! Sono andato poi a Recanati. Non avevo mai varcato la soglia di Palazzo Leopardi. Lì l’emozione per una tradizione ininterrotta e una cura amorevole per cose, documenti e libri — vi è aperta una mostra su Monaldo, fondatore della biblioteca in cui Giacomo si è formato — ha raggiunto il culmine quando ho visto, in un giardinetto sul retro, la modesta dependance dove viveva il poeta, che di lì sgattaiolava sull’annesso «ermo colle».
Oramai non una «siepe» ma un muretto «dell’ultimo orizzonte il guardo esclude». Affacciato di lì, mi sono perso nel più bel paesaggio italiano che si possa immaginare, quasi intatto: un mare di terre variopinte. Ma Leopardi conosceva fin troppo quel panorama, per cui «gli interminati spazi» e i «sovrumani silenzi» se li fingeva, seduto dietro la siepe.
Leopardi comparò allora lo «infinito silenzio» al vento: «… e mi sovvien l’eterno». Ecco cosa è il paesaggio: un’immensità che tutto accoglie e in cui il pensiero dolcemente può naufragare: è la lingua degli occhi. Ma ciò, ancora per poco! Infatti il «Colle dell’Infinito» è minacciato alla radice da un’alta gru, un vasto sommovimento di terra e sostruzioni, sulle quali sta per elevarsi un casone abnorme. È uno dei risultati del berlusconiano «Piano Casa»?
«Piangi che ben hai donde Italia mia». Fermate uno scempio, che se fosse legale ancor più ferirebbe. Pezzo a pezzo, illegalmente e anche nella legge, disfiamo la nostra Patria. Che la civiltà tradizionale sia da noi alla fine?
A ciò si aggiunga il Colosseo chiuso per sciopero. Serve altro personale al ministero, altrimenti si chiuderanno altri siti e musei, anche di prim’ordine, e servono altri fondi, per mantenere monumenti e rovine, come sostiene il ministro Bray, e noi dobbiamo sostenerlo nell’ardua impresa.
* Presidente del Fai

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