Santanchè, voto rinviato Il Pdl: resta il nostro nome Ma il partito si divide

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ROMA — La Camera rinvia la scelta del quarto vice presidente. E così salta lo scrutinio su Daniela Santanchè. L’ex sottosegretario è il candidato del Pdl a sostituire nello stesso incarico Maurizio Lupi, diventato nel frattempo ministro per le Infrastrutture. La decisione di rimandare ad altra data è stata approvata dall’Aula con una maggioranza schiacciante, dopo che nella conferenza dei capigruppo si era raggiunta l’intesa per una pausa di riflessione, dettata, come ricorda Renato Brunetta, dall’esigenza «di verificare dal punto di vista regolamentare le prescrizioni, ovvero che debba valere la consuetudine secondo cui l’incarico ricoperto da un esponente di un gruppo debba essere ricoperto, qualora si dimetta, da un esponente dello stesso gruppo». Irritato il commento dell’interessata: «Mi sembra tutto normale, è la prassi della casa, si rimandano le soluzioni, si rimanda tutto». Uno stato d’animo, questo, che ha avuto modo di esprimere ad Angelino Alfano con il quale ha avuto un lungo colloquio al Viminale. In serata, tornata a Milano, si è vista ad Arcore con Silvio Berlusconi per parlare del progetto di dare vita alla nuova Forza Italia.

A determinare la scelta del rinvio è stata la volontà di non forzare la mano, di non mettere a rischio la stabilità della maggioranza delle larghe intese, perché una bocciatura dell’esponente del Pdl avrebbe avuto un significato politico chiaro: l’assenza di coesione e lealtà tra i partner di governo. A rendere ancora più evidente che questo sarebbe stato l’esito, la decisione dell’ufficio di presidenza del Pd di confermare l’orientamento a votare scheda bianca anziché scrivere il nome della Santanchè sulle schede. Allora, per evitare un inutile e pericoloso braccio di ferro, è prevalsa la proposta di prendere tempo avanzata da Lorenzo Dellai (Scelta civica).

E ora che succede? Dal Popolo della libertà si fa notare che il rinvio dovrà servire al Pd per ritrovare la compattezza interna e accettare il candidato del Pdl, che resta proprio Santanchè, dopo che lo stesso Pdl ha già dato prova di lealtà, votando esponenti del Pd fortemente connotati politicamente. Ma dal Pd si replica con un «devono cambiare cavallo, altrimenti l’intransigenza su quel nome può fare riuscire il giochino dei grillini e di Sel di puntare su un loro candidato».

Insomma, scolpisce Alfano: «Nessun passo indietro, anzi si va avanti». Conferma Brunetta: «Daniela è il nostro unico candidato alla carica di vicepresidente della Camera». Lo slittamento, a giudizio del Pdl, sarebbe questione di giorni perché sono convinti che già nella prossima settimana sia possibile tenere lo scrutinio. Diversa e opposta l’opinione che circola nel Pd, secondo cui ben difficilmente si voterà per assegnare l’incarico vacante prima della pausa estiva.

Lorenzo Fuccaro


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ROMA — Stefano Rodotà e Maurizio Landini insistono con la «via maestra» che è la Costituzione per orientare la politica e rispondere ai problemi sollevati dalla crisi dei partiti. Lo hanno ribadito ieri in un’assemblea a Roma in cui si è parlato più volte anche del «caso» Berlusconi.

LA PAURA DI PERDERE

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La paura di perdere le prossime elezioni. Sembra questo l’architrave su cui poggia l’accordo trovato ieri dai tre partiti della maggioranza che sostiene il governo “tecnico”. Sull’idea che nessuna forza politica – a cominciare da Pdl, Pd e Udc – sia in grado di scommettere sul risultato delle prossime elezioni politiche. Tutti sperano di tenersi le mani libere e ognuno punta a limitare i danni. Lasciando aperta la porta ad ogni soluzione per il dopo-voto. L’intesa preparata da Alfano, Bersani e Casini è soprattutto il frutto di una convergenza di interessi. 

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