Così fallisce l’agenda politica di Al Jazeera
GERUSALEMME — L’emiro del Qatar che vuol comprarsi le piramidi, acquisire il controllo del canale di Suez, installare la sua Al Jazeera negli studi della televisione di Stato al Cairo. I rapporti tra il piccolo Paese del Golfo e la più popolosa nazione araba sono stati così stretti fino a mercoledì e alla deposizione di Mohammed Morsi da generare pettegolezzi geopolitici. Subito smentiti come «fantasie». La realtà è l’aiuto economico elargito da Doha in questi dodici mesi: oltre 6 miliardi di euro in prestiti che hanno permesso alla Banca centrale egiziana di restare a galla e la promessa di investirne altri 20 nei prossimi cinque anni. I militari hanno preso il controllo a una settimana dal ricambio al potere in Qatar: a 33 anni lo sceicco Tamim bib Hamad al-Thani si è ritrovato a dover gestire la crisi internazionale più complicata, ricevuta in eredità dal padre che aveva scommesso sul presidente islamista. Il giovane emiro è stato l’ultimo, tra i regnanti del Golfo, a inviare le congratulazioni ad Adli Mansour, il reggente scelto dai generali. Mentre i vicini esultano da Abu Dhabi («l’esercito egiziano ha dimostrato ancora una volta di essere lo scudo e il protettore della nazione») e dall’Arabia Saudita («gli ufficiali hanno garantito che il Paese uscisse da un tunnel imprevedibile»), i giornali di Doha — che esprimono la posizione della monarchia — lanciano avvertimenti: «L’Egitto non è mai stato in una situazione così caotica, ogni gruppo politico o di potere adesso pensa di avere il diritto a governare», scrive il quotidiano Al Sharq . Dal Cairo i soldati rispondono spegnendo Al Jazeera e arrestando cinque suoi giornalisti (quattro sono stati poi rilasciati). L’emittente satellitare è considerata una voce di propaganda pro-Morsi: Yusuf al-Qaradawi, leader spirituale dei Fratelli musulmani, fa base a Doha e diffonde le sue prediche attraverso i programmi del canale. Gli Emirati Arabi invece hanno sempre osteggiato l’influenza dei Fratelli e sono stati loro a dare ospitalità ad Ahmed Shafiq, l’ultimo premier nominato da Hosni Mubarak, fuggito in esilio dopo aver perso le elezioni contro Morsi. Anche i sauditi sorridono nel veder fallire gli investimenti politici del piccolo Qatar che ha provato a far loro concorrenza come potenza diplomatica regionale con una strategia spregiudicata.
Davide Frattini
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