Più forte di terremoto e recessione la fabbrica della speranza emiliana

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FINALE EMILIA (Modena). MANCA soltanto la banda. La festa però è bella. Non si era mai vista, da queste parti, l’“inaugurazione” ufficiale di una fabbrica. Di aziende ne nascevano tante e fra ceramiche, macchine movimento terra e assemblaggi vari, don Ettore Rovatti avrebbe dovuto passare con il suo aspersorio quasi ogni giorno.

POI, nelle zone industriali Crocetta e Canaletto, è arrivata la crisi e di fabbriche nuove non se ne sono più viste. Non solo: il 20 maggio dell’anno scorso la sberla del terremoto ha fatto crollare capannoni e speranze. Oggi però don Rovatti benedice l’Unifer. «Per questo — dicono il sindaco Fernando Ferioli e l’assessore alle attività produttive Angelo D’Aiello — l’inaugurazione di una nuova fabbrica oggi è una notizia importante e buona. Questa azienda garantisce 86 buste paga che presto saranno cento e forse di più. La crisi e il terremoto sfibrano la società, le famiglie e anche il morale delle persone. Per questo ci è sembrato giusto, oggi, fare festa. Vogliamo dare un segno di speranza».
L’Unifer produce componenti per marmitte. I clienti sono i più grandi gruppi del mondo, da Faurecia a Tenneco a Eberspacher. «Abbiamo chiesto di costruire il nuovo stabilimento — racconta Stefano Morville, amministratore delegato dell’Unifer — nell’aprile del 2011, in piena crisi, dopo avere comprato l’azienda, più modesta, che aveva lo stesso nome. Nel maggio 2012, quando c’è stato il sisma, lo stabilimento era quasi pronto. I danni sono stati lievi e siamo andati avanti, cominciando ad assumere. Degli 86 dipendenti di oggi solo 15 sono interinali. Ma vogliamo crescere ancora. Vede il grande piazzale accanto alla fabbrica? Oggi abbiamo 5.000 metri quadrati coperti e nel piazzale potremmo fare un altro capannone di 3.000 metri. Per questo non l’abbiamo asfaltato. I cento dipendenti sono l’obiettivo più vicino, ma con il nuovo pezzo di fabbrica potremmo aumentare produzione e occupati di un altro 30%».
Non è facile trovare una collaborazione stretta fra un’impresa e un’amministrazione comunale. «Noi volevamo aprire — dice Stefano Morville — e il Comune ci ha dato pieno appoggio. Niente di eccezionale, almeno da queste parti. Nessun favore particolare. Ma se hai un problema qui te lo risolvono in cinque giorni e non in cinque mesi o in cinque anni, come succede altrove. Vorremmo che anche il governo nazionale fosse efficiente. Per ora sono arrivate solo promesse. Se ci fosse un fisco più leggero sulle buste paga noi, con i soldi risparmiati, potremmo assumere a tempo indeterminato anche i 15 interinali. Un terzo livello appena assunto da noi guadagna 1.200 euro, poi con l’anzianità arriva a 1.500 — 1.600 euro. Stipendi decenti ma se in casa lavora uno solo, ci sono problemi. Con una defiscalizzazione del dieci per cento l’operaio si troverebbe in tasca quei 200 — 300 euro in più che oggi sono ormai indispensabili ».
«L’inaugurazione della nuova Unifer — dicono il sindaco e l’assessore — è una boccata di ossigeno. In questa zona industriale, la Crocetta, le cose non vanno male. Fiori costruisce betoniere per mezzo mondo. La Titan, che produce cerchioni di metallo per la John Deer, la Landini e tanti altri, con il terremoto ha avuto 40 milioni di danni ma si sta risollevando. I 260 operai in questo mese di luglio stanno lavorando anche il sabato così ad agosto possono fermare la produzione e avviare la riparazione del tetto. Sono risollevate anche la Ciga assemblaggi e la Bcr tornitori. Ma nell’altra zona industriale, la Canaletto, le ceramiche hanno tutti gli operai in cassa integrazione, la J. Colors vernici non ha riaperto, all’Ecogeri che ricicla la plastica i lavoratori dopo la cassa integrazione stanno finendo anche la mobilità».
Anche altri imprenditori sono arrivati all’Unifer. Sperano che la festa sia solo la prima. «Il mercato dell’auto — dice Stefano Morville — è in crisi e lo sarà per un bel pezzo. Noi ci difendiamo bene perché puntiamo sulla ricerca e sulla qualità ed esportiamo il 95% del prodotto. Solo noi sappiamo forare il tubo di acciaio inox per le marmitte. E’ il nostro segreto. Gli altri forano le lamiere e poi assemblano. Ecco, guardi questo messaggio. E’ della Jaguar, che dopo avere visitato i più grandi produttori d’Europa ha scelto una nostra marmitta per la Jaguar F-Type. Buona tecnologia, lavoratori seri e professionali. E’ così che si riparte».


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