Il governo cerca subito 5 miliardi i conti finali con la legge di stabilità

by Sergio Segio | 15 Luglio 2013 7:08

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ROMA — Nessuna manovra extra, ma servono subito almeno 5 miliardi per Iva e Imu. Ovvero per sterilizzare il punto all’insù di Iva da ottobre a dicembre (posto che si riesca a coprire lo spostamento da luglio ad ottobre). E cancellare, come chiede in pressing il Pdl, l’Imu 2013 sulla prima casa per tutti. Il viceministro dell’Economia Fassina e il ministro per la Pubblica amministrazione D’Alia rassicurano dunque sulla tenuta dei conti pubblici. Ma non escludono che, qualora saltasse il tavolo politico, queste spinose questioni fiscali saranno rinviate in blocco all’autunno, allorquando in sede di legge di stabilità – la ex finanziaria – si rifaranno tutti i conti. E se non vi sarà una manovra extra, di emergenza per lo sforamento del tetto del 3% tra deficit e Pil, di sicuro ci sarà una manovra. Assai corposa.
Ne sapremo di più questo giovedì, alla cabina di regia tra governo e maggioranza, il super vertice politico saltato la scorsa settimana a causa dei mal di mancia pdl per la sentenza Mediaset. Sul tavolo, le “vecchie” coperture Iva (inserite nel decreto lavoro) trovate da Saccomanni, per spostare il rincaro dal 21 al 22% da luglio ad ottobre. Non piacciono a nessuno (aumento degli acconti di fine anno di Irpef, Ires, Irap e ritenute delle banche), ma finora zero alternative plausibili. Poi c’è l’Imu. Il ministro dell’Economia vuole mandare gli italiani in vacanza tranquilli. Ma se le soluzioni tecniche da lui predisposte (tutte coperte con nuovi e mirati tagli di spesa) non saranno gradite sia al Pd che al più riluttante Pdl, «non sarebbe una tragedia» rimandare l’intera riforma Imu all’autunno, fanno intendere fonti non smentite del governo.
Allorquando cioè il quadro di finanza pubblica sarà più chiaro, le previsioni sul rapporto tra deficit e Pil nitide, l’effetto degli stimoli attivati con ecobonus edilizi e crediti dello Stato alle aziende misurabili. A quel punto, tra settembre ed ottobre, conti alla mano, si vedrà se il tetto del 3% regge e come intervenire in tutti i campi lasciati in sospeso: Imu, Iva, Tares, ticket sanitari. Sospendere in modo permanente queste quattro voci vale 11 miliardi di euro. E certo non si potrà più ragionare entro il pecreto rimetro 2013, laddove i 5 miliardi servono solo a tamponare Imu e Iva. Senza pensare che i fondi della Cassa integrazione in deroga sono già finiti – lo dicono le Regioni – e un emendamento della senatrice pd Ghedini al delavoro ne prevede il rifinanziamento, sin da ora, di altri 1,4 miliardi. La Tares picchierà a dicembre, il rincaro dei ticket sanitari da gennaio. Non proprio orizzonti lontani. A fine anno scadranno anche i contratti prorogati dei precari della pubblica amministrazione. E poi con l’inizio del 2014 la giostra ricomincerà. L’Iva e l’Imu saranno fermate in modo strutturale o no? E come? Con quali soldi? Bisogna deciderlo presto. L’ingorgo è fiscale, burocratico, ma anche di sfiducia e incertezza che paralizzano cittadini e imprese. Chi pagherà, quanto, quando?
«Non c’è nessuna manovra correttiva in vista. Sarebbe un provvedimento autolesionista perché oltre ad aggravare la recessione, aumenterebbe il debito pubblico», ha detto ieri Fassina. «Non è alle porte alcuna manovra correttiva», gli ha fatto eco D’Alia. «Saccomanni sta facendo con grande serietà un lavoro difficile per trovare le risorse necessarie a intervenire su Imu e Iva».

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